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sabato, Giugno 28, 2025
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Ucciso dal suo stesso clan, i ras Scissionisti evitano l’ergastolo

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Niente ergastolo per Carmine Pagano ‘Angioletto’ e Vincenzo Notturno. Questa la decisione dei giudici per i due ras scissionisti imputati nel processo per l’omicidio di Giuseppe Moliterno, ucciso nel corso di un’epurazione interna al clan nel dicembre del 2007. Si trattò di un’epurazione interna voluta dai vertici del clan perchè Moliterno, nonostante gli avvertimenti dei suoi capi, aveva continuato a frequentare la fidanzata di un altro affiliato. Per quel delitto qualche mese fa è stata eseguita ordinanza anche nei confronti di Raffaele Amato Junior, reo confesso. Pagano nel corso delle udienze precedenti aveva ammesso le proprie responsabilità senza però fare nomi degli altri responsabili: strategia che ha pagato visto che il ras ha evitato l’ergastolo rimediando trent’anni. Pagano era difeso dall’avvocato Luigi Senese. Stessa decisione è stata presa anche nei confronti di Vincenzo Notturno, difeso dall’avvocato Luigi Ferro.

Omicidio Moliterno, Pagano ammette le proprie responsabilità

Pagano aveva dunque ammesso le proprie responsabilità chiarendo di non aver eseguito materialmente il delitto senza fare alcun nome dei responsabili. Anzi a precisa domanda del pubblico ministero si era avvalso della facoltà di non rispondere:«Ammetto le mie responsabilità; non ho sparato io, Moliterno si fidava di me, perché era il mio guardaspalla. Un giorno dovevamo trasportare delle armi, ma il Moliterno senza dare spiegazioni scendeva dall’autovettura e tornava a casa sua. La sera io sono andato dal Moliterno per cercare di capire le motivazioni del suo gesto. Moliterno usciva con l’ex fidanzata di un affiliato: invero i due si erano lasciti da poco; io avevo detto al Moliterno di non iniziare questa storia ma lui non mi aveva dato ascolto. il Moliterno quindi mi spiegava che quel giorno era scappato temendo una mia reazione al fatto che lui aveva deciso di uscire con quella ragazza, non dandomi ascolto. lo non sapevo che il Moliterno non mi avesse dato ascolto. A quel punto io lo tranquilizzai, perché lui mi aveva promesso che non sarebbe più uscita. In realtà il rapporto di fìducia tra il clan e Moliterno si era incrinato, perché lui era scappato dalla macchina che doveva trasportare le armi senza dare spiegazioni e quando le ha date ha mostrato di non avere fiducia in noi senza che nessuno del clan gli avesse fatto nulla. Poiché conosceva tante cose del clan ed anche alcuni omicidi che si dovevano commettere, il clan ha deciso di ucciderlo. Poiché Moliterno usciva solo con me, quando sì è deciso di ucciderlo io l’ho portato nei Sette Palazzi, con un motociclo partendo da Melito, e lì vi erano due affiliati. Giunti sul posto ho detto al Moliterno di prendere li motorino dell’altro affiliato e di seguirmi; lo ero con un affiliato e lui con l’altro. E ci siamo indirizzati verso il Monterosa, giunti al vicoletto vicino alla caserma Boscariello e l’affiliato che era seduto dietro al Moliterno sul motorino gli ha sparato. Moliterno è caduto e terra tenendo ancora le mani sul manubrio. È arrivato un terzo ciclomotore con a bordo una sola persona che ha caricato il materiale esecutore e siamo andati tutti via lasciando il cadavere con il motorino, lasciando intendere che era un agguato venuto dall’esterno».

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