Come evidenziato dallo psichiatra incaricato dalla Corte d’Assise di eseguire la perizia che ha messo in luce come la donna sia capace di intendere e volere, il test eseguito in carcere “non è attendibile“.
Il caso di Alessia Pifferi
Alessia Pifferi è a processo per l’omicidio volontario pluriaggravato della figlia Diana di 18 mesi, lasciata a casa da sola per 6 giorni nel 2022 e morta di stenti.Il processo è stato oggetto di polemica perché la procura, con una decisione insolita, ha deciso di indagare le due psicologhe e l’avvocata dell’imputata. Il pm Francesco De Tommasi aveva contestato una relazione basata sui colloqui con le psicologhe in cui si sosteneva un quoziente intellettivo di “una bimba di 7 anni”: avrebbero fornito alla donna “una tesi alternativa difensiva”, un possibile vizio di mente, e l’avrebbero “manipolata“. Indagata per falso ideologico anche l’avvocata Alessia Pontenani, legale della donna. La perizia psichiatrica firmata dallo psichiatra forense Elvezio Pirfo, stabilisce la donna come già sostenuto dall’accusa e come scrisse il gip nell’ordinanza di custodia cautelare, non ha “disturbi psichiatrici maggiori”, né “gravi disturbi di personalità”.
L’inchiesta parallela
Il pm di Milano Francesco De Tommasi ha indagato le due psicologhe del carcere per falso e favoreggiamento per alcuni colloqui a San Vittore. Anche l’avvocatessa Alessia Pontenani, che tutela gli interessi dell’imputata è indagata per falso. L’avvocatessa e le psicologhe, secondo il pubblico ministero, in accordo tra loro avrebbero aiutato Pifferi ad ottenere la perizia, falsificando il diario clinico. La pm Rosaria Stagnaro ha rinunciato a seguire ancora il processo. Nanni, intanto, ha chiesto una relazione a Viola sulla gestione della nuova indagine. Pirfo nella sua relazione che “i test” somministrati dalle “psicologhe sono “inattendibili” e sono stati considerati “una scelta inappropriata”.
Il ritratto dello psichiatra
Il ritratto che lo psichiatra restituisce è quello di una persona che si sente “perennemente inadeguata” che restituisce “una confusione identitaria, una persona incompiuta” dove la dimensione di madre “è una dimensione secondaria nella costruzione identitaria della Pifferi. Mi è parso che la sua dimensione sia quello di una maternità vissuta come obbligo o fatica, non che gratifica o rende compiuta una persona”. Pifferi, per lo psichiatra, sarebbe “quasi apatica, con un distacco totale, mi è parso che questa fosse una sorta di maschera emotiva, una schermatura emotiva“. Nel corso dei tre colloqui clinici condotti dal perito della corte e la sua testista, Pifferi avrebbe mostrato un “eloquio sempre fluido” e senza “inciampi”. La difesa della 38enne ha anticipato una richiesta di rinvio per poter studiare i “60 gigabyte” di materiale depositato.
Le falle nel sistema
“L’intervento delle due psicologhe a mio avviso non era appropriato e anche il test di Wais va letto in questa prospettiva” dice lo specialista. Per l’esperto, che sta testimoniando in aula, non è possibile stabilire se Alessia Pifferi sia stata ”influenzata” dalle due psicologhe. Quello che è certo è che i colloqui non sono stati video registrati, “quindi non è possibile ricostruire il clima”, né le risposte sono riportate in modo completo.
“Non sono in grado di dire se c’è stato condizionamento, ma sì di apprendimento: certe risposte della Pifferi restituiscono la capacità di comprendere e riutilizzare le parole delle psicologhe”.
Lo sciopero dei penalisti
A poche decine di metri dall’aula dove si stava svolgendo il processo Pifferi, è andato avanti il confronto tra avvocati e magistrati. L’astensione dei penalisti milanesi proclamata proprio per protesta contro l’inchiesta parallela. Gli avvocati milanesi, con la Camera penale e l’Ordine degli avvocati, ritengono che la nuova indagine aperta a processo in corso abbia violato il diritto di difesa.
“Nessuno è padrone esclusivo del processo e delle sue regole, siamo tutti parte di un meccanismo che se non funziona fa un danno enorme.” affermano i penalisti che hanno preso parte allo sciopero.