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lunedì, Maggio 13, 2024
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Vittima di mala sanità, Annabella muore dopo 14 anni di coma a Cava de’ Tirreni

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Ti immaginiamo in mezzo a noi, con il tuo dolce sorriso, cantare e suonare le tue melodie per dirci che è finito il tempo del pianto e del dolore. Per te Annabella è iniziata la nuova vita, la vita eterna. Così ieri pomeriggio, nella chiesa di Santa Maria dell’Olmo, il parroco Lorenzo Benincasa ha esordito ai funerali di Annabella Benincasa, la 49enne di Cava de’ Tirreni morta dopo 14 anni di coma dopo un intervento di mastoplastica additiva al seno, a cui si era sottoposta il 13 maggio 2010 nella clinica Iatropolis a Caserta. Ad accompagnare il feretro sotto la pioggerellina e il cielo grigio la mamma di Annabella, Anna Pastore, il marito Alessandro Apicella e dalla loro giovane figlia.

Ad attenderla tanti amici e parenti. La bara di legno chiaro, quasi a richiamare i suoi bellissimi ricci biondi, era ricoperta di fiori bianchi e rosa. “Questo è il momento del silenzio – dice don Lorenzo Benincasa – perché il dolore è troppo forte. Eppure Gesù parla al nostro cuore per donarci vita e speranza. Di Annabella ci manca il sorriso, la forza e il coraggio che l’ ha portata a combattere per 14 anni. Ma come diceva San Paolo, in questi anni il suo corpo si è andato consumando, ma la sua anima si è rafforzata. È finito il momento del pianto e della sofferenza ora Annabella ha raggiunto la vita eterna e veglia sui propri cari”. Una folla commossa ha accompagnato l’uscita del feretro dopo 14 lunghi anni di sofferenza e dolore silenzioso e composto da parte dei familiari di Annabella che non hanno mai cercato di accendere i riflettori su una storia di malasanità che ha cancellato per sempre il dolce sorriso della donna, all’epoca dei fatti appena 35enne.

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Era il 13 maggio 2010 quando Annabella, una giovane e bella moglie e madre, decise di sottoporsi ad un intervento di mastoplastica additiva. Dopo alcune visite di routine, quella mattina si recò con un’amica in clinica. Annabella entrò in sala operatoria, ma una reazione all’anestesia le provocò una crisi respiratoria e un arresto cardiaco. In clinica non c’era la rianimazione e i soccorsi non furono tempestivi. La donna fu trasportata nel vicino ospedale ma purtroppo il danno cerebrale era irreversibile. Da quel giorno iniziò il lunghissimo calvario, in stato vegetativo, accompagnato da continui ricoveri in cliniche del risveglio, centri specializzati fino al ritorno a casa, con l’assistenza dell’Asl.

In primo grado, i due medici che l’avevano operata sono stati condannati per lesioni colpose gravissime. Il procedimento civile si è concluso con un risarcimento danni, ma anche per questo e nonostante le sostanziose spese, la famiglia ha dovuto lottare per avere finalmente giustizia.

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