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DIOSSINA E RIFIUTI ILLEGALI, TRISTE PRIMATO PER LA CAMPANIA

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Ogni giorno in Campania si distruggono 113 tonnellate al giorno di latte, contaminato dalla diossina. La vicenda è, secondo la magistratura, collegata con lo smaltimento abusivo dei rifiuti tossici nella Regione.





< di Raffaele Sardo




NAPOLI – Ben 113 tonnellate al giorno di latte distrutto. Sono 38 le aziende sotto sequestro, 467 quelle potenzialmente da sequestrare, 8633 gli animali sequestrati. La superficie complessiva delle zone a rischio è di 12.208 ettari, 25 i comuni interessati. Quindi il 30% in meno di prodotti lattiero-caseari. Danni complessivi per 7 milioni di Euro. Sono i numeri dei danni provocati dalla diossina in Campania e in particolare nel casertano e nel napoletano dove si concentrano, peraltro, una quantità enorme di discariche abusive con materiali tossici e nocivi smaltiti illegalmente. La “scoperta” della diossina è avvenuta per caso, dopo un’indagine di routine dell’Unione Europea su alcune località da monitorare per verificare l’eventuale presenza della diossina. E, invece, i risultati – resi noti la scorsa estate – hanno provocato un terremoto. Nel latte degli animali sottoposti ai test (pecore e capre di due allevamenti di Castel Volturno, in provincia di Caserta, e Marigliano, in provincia di Napoli) furono rilevati livelli di diossina sopra i parametri di legge consentiti.

Scattato il sequestro, gli operatori sanitari si sono resi conto della necessità di monitorare il territorio, specie quello casertano, da sempre terminale delle ecomafie. Analisi di laboratorio su bufale e mucche hanno, difatti, confermatola presenza di diossina sopra la norma anche in questi animali.




LE CAUSE

Secondo Donato Ceglie, il magistrato di Santa Maria Capua Vetere che segue l’inchiesta aperta su tutta la vicenda, “potrebbe esserci un nesso tra la presenza di diossina nel latte e la presenza di rifiuti tossici”. Ipotesi confermata anche dell’ARPAC (Agenzia regionale per l’ambiente della Campania), che ha monitorato i terreni delle zone più a rischio riscontrando una percentuale più alta del previsto dove più alta è la presenza di rifiuti tossici. E la maggiore attenzione, sia della magistratura che di altre istituzioni sul territorio, ha aperto uno squarcio sul traffico dei rifiuti tossici che, paradossalmente, provengono tutti dalle regioni del Nord e arrivano fino in Campania. Nei primi due mesi dell’anno sono state 8.500 le tonnellate di rifiuti tossici che dagli impianti di smaltimento di Milano, Pavia, Pisa sono arrivate a Trentola Ducenta, nel sito della Rfg, una società che dovrebbe commerciare rifiuti già trattati (dunque non più pericolosi), da utilizzare per lo più come compost o combustibile per termovalorizzatori. Ma, secondo il sub-commissario per la gestione straordinaria dei rifiuti della Campania, Giulio Facchi, che ha presentato una denuncia dettagliata alla magistratura, c’è un altro impiego, molto più redditizio, di questi rifiuti: la copertura delle discariche e il ripristino dei terreni delle cave. In pratica i rifiuti sarebbero utilizzati come terreno vegetale. Quel che è più grave è che c’è il sospetto che questi rifiuti non siano pericolosi solo sulla carta. «Sono scarti di lavorazione dell’umido molto sospetti – sostiene Facchi – provenienti dal “Consorzio Milano Pulita” (Amsa), dalla “Lomellina Energia” di Parona (Pavia) e dalla “Waste Recycling” di Castelfranco (Pisa)». Al momento sono sette gli impianti che in Campania dovrebbero trasformare i rifiuti in compost o Fos (Frazione Organica Stabilizzata). Ma hanno fiutato l’affare altre 106 aziende che hanno fatto richiesta per attività di ripristino di cave e discariche.




COMINCIANO A FIOCCARE AVVISI DI GARANZIA

L’allarme lanciato dal Commissario Straordinario per la gestione dei Rifiuti, Giulio Facchi, è stato raccolto dalla Procura della Repubblica di Napoli che ha emesso tredici avvisi di garanzia e sequestrato quattro cave, insieme a tre impianti industriali. Gli impianti sotto sequestro sono quelli della “Pellini” con sede ad Acerra, della “Pozzolana Flegrea”, con sede a Bacoli e della “Igemar” con sede a Qualiano.


Di queste quattro imprese sono anche le quattro cave: due a Qualiano, una a
Bacoli e una a Giugliano. Ma ci sono anche altre aziende coinvolte, intermediari che operano fuori regione, la “Rossi” di Garate, la “Cepi” Ambiente, la “Agricompost”, tutte imprese laziali. La procura Napoletana ha inviato avvisi di garanzia ai rispettivi titolari e amministratori, sequestrando contemporaneamente tutta la documentazione contabile delle società, responsabili di questo business ecomafioso che sta provocando in Campania danni ambientali incalcolabili, con effetti sulla salute.




I PROVVEDIMENTI ADOTTATI DALLA GIUNTA REGIONALE PER FARE FRONTE AL PROBLEMA
– La Giunta Regionale ha approvato il 2 aprile un provvedimento per dare piena attuazione alle iniziative previste dal Piano per l’emergenza diossine.


In particolare è stata approvata la delimitazione delle zone a rischio, quelle, cioè, di possibile contaminazione ed individuati gli interventi da realizzare e le misure di precauzione da applicare in esse.


Si tratta di oltre 12mila ettari che interessano 25 comuni: 19 in provincia di Caserta (Recale, Marcianise, San Marco Evangelista, Portico di Caserta, Macerata Campana, San Nicola la Strada, Capodrise, Villa Literno, Casal di Principe, San Cipriano d’Aversa, Villa di Briano, San Tammaro, San Prisco, Caserta, Valle di Maddaloni, Maddaloni, Casapesenna, San Maria la Fossa, Cancello e Arnone) e 6 in provincia di Napoli (San Vitaliano, Acerra, Pollena Trocchia, Cercola, Nola, Marigliano).


In queste zone ricadono poco meno di 500 aziende zootecniche di piccola dimensione, la cui produzione lattea ammonta, secondo le stime, al doppio di quella prodotta dalle aziende finora sequestrate. Il latte prodotto è ritirato dal mercato e smaltito mediante termodistruzione e le aziende saranno sottoposte a misure di precauzione tese a ricondurre entro i limiti di legge le quantità di diossine nel latte (cambio dell’alimentazione del bestiame, divieto di alimentare i vitelli con il latte materno, divieto di allevare animali da bassa corte a terra, ecc.).




COS’E’ LA DIOSSINA

Il nome è generico e indica diversi composti, tutti tossici, il più noto di questi è indicato con la sigla Tcdd, che si forma come sottoprodotto nella preparazione del triclorofenolo, sostanza utilizzata per produrre erbicidi e battericidi. Il nome venne alla ribalta con il disastro della Icmesa di Seveso, 10 luglio 1976. Le diossine sono in genere molecole contenenti cloro, molto pericolose perché stabili e dunque non degradabili, tanto è vero che possono sopravvivere decine di anni. Secondo gli studiosi, la diossina è responsabile per il 12 per cento delle malattie di cancro. Le diossine si producono con gli incendi, non di tutti i rifiuti, ma solo delle plastiche contenenti cloro.

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(8 APRILE 2003, ORE 14.35)
http://www.ilnuovo.it/nuovo/foglia/0,1007,175803,00.html

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