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ELETTRODOMESTICI E RAME, E’ LA GUERRA DEI POVERI

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GIUGLIANO – Poche baracche di legno. Qualche piazzale nascosto nei campi abbandonati. La complicità di qualche ditta. E l’indifferenza, tanta, che regna sovrana. Gli ingredienti ci sono tutti: il cocktail infernale è servito. Bruciano materiale elettrico, batterie, pneumatici, elettrodomestici al fine di eliminare le guaine di plastica e ricavarne il rame custodito all’interno. Il prezioso metallo viene poi rivenduto ad alcune fonderie “di fiducia”, spesso le stesse che si occupano di procurare il materiale da “lavoro”. Le matasse degli impianti elettrici bruciano per ore, giorni a volte. La combustione dei materiali plastici genera fitti strati di fumi tossici, visibili a chilometri di distanza. L’ultima guerra dei poveri si combatte sulla dorsale dell’asse mediano. Da Afragola a Giugliano. Un circolo vizioso che appesta l’ambiente nella terra d’origine delle ecomafie. Dove lo Stato si arrende. Chi sono, i ricettatori? Spietate multinazionali, racket del crimine? O forse la camorra che ai profitti derivati dall’abusivismo edilizio, dal traffico illegale dei rifiuti ha affiancato anche il nuovo e sicuro business del rame? Macché. Sono proprietari individuali, piccoli imprenditori che assoldano gli zingari, gli extracomunitari per portare a termine il lavoro sporco. E’ una guerra senza valore quella che si combatte nel Giuglianese. E’ una guerra senza mitra, senza morti eccellenti, è una guerra che si combatte sottobanco, senza clamore. A far rumore è solo il silenzio, quello delle istituzioni. E’ un silenzio più impressionante di un urlo, di un’invettiva. Una nuova guerra contro l’ambiente e la salute (decine i casi segnalati di disturbi alle vie respiratorie ed agli occhi) e anche una guerra all’antica, di quelle in cui a perdere sono indistintamente tutti. In cui a perdere è la gente. Una guerra sporca come tutte le guerre, che odora di morte e non soltanto di macerie. Centinaia di metri di terreno coperti da uno strato nerastro, interi centri abitati appestati dai fumi dei roghi. Masseria del Cardinale a Qualiano, le campagne a ridosso del cimitero di Villaricca, l’ex Pirelli e il Ponte Riccio di Giugliano, la dorsale tutta dell’Asse mediano: ecco i ‘paradisi’ delle attività illegali, ogni giorno preda di nuove devastazioni ambientali. Le segnalazioni da parte dei residenti, rimaste finora senza risposta adeguata, denunciano uno stato di profondo malessere fisico di carattere respiratorio. Una delle ultime segnalazioni porta la firma di Michele Buonomo, presidente regionale della Legambiente. La denuncia dei fumi nell’area Asi di Giugliano è indirizzata al Noe (Nucleo Operativo Ecologico) dei carabinieri di Napoli e al distretto 61 dell’Asl Na 2. I ‘ricettatori’ del rame rischiano al massimo qualche ammenda inferiore al milione di lire. Se venisse pescato il piccolo imprenditore-avvelenatore (come qualche volta succede), salirebbe al cielo il suo grido molto italico, lo stesso grido offeso e sorpreso del piccolo corruttore e del grande corrotto, del corridore dopato e del truccatore dell’esame d’avvocato: “Perchè proprio io? Lo fanno tutti”. Qualcuno dovrebbe ricordarci anche come l’illegalità sistematica rimanga la vera, grande piaga del Mezzogiorno; e la perdita del senso del male, e del reato, sia alla base di quasi tutti i nostri problemi. La legge sul delitto ambientale ancora non esiste, anche se a parole sostenuta da tutte le forze politiche: nei fatti è bloccata da anni in fase di discussione alle camere. Quello sarebbe il vero strumento per combattere contro gli eco—delitti ambientali che da reati amministrativi diventerebbero reati penali, con tutto ciò che ne consegue. Quella del recupero illegale del rame è un’attività che assicura rendimenti grandissimi, ha un solo difetto: manca di discrezione. Le cortine di fumo si vedono, la gente è costretta a chiudersi dentro casa per la puzza. Il crocevia da e per i siti illegali di stoccaggio testimonia la storia di un mercato in crescita. Che è anche la storia dell’assalto selvaggio all’ambiente, della salute pubblica messa a serio rischio. Ha una matrice in comune con le decine di casi, più o meno gravi, di inquinamento che hanno lasciato il segno sul territorio: si origina nei decenni amici dell’industrializzazione selvaggia, della mancanza di regole ecologiche, del fiorire delle discariche abusive, dei camini sputa veleni. La vicenda del rame è salita poche volte agli onori delle cronache. Nel gennaio del 1997 vennero denunciati in tre ad Afragola per immissione di sostanze inquinati nell’aria: un 36enne di San Giovanni a Teduccio, un 22enne di Ponticelli e un 19enne di Napoli. Due anni dopo, nel settembre 1999, fu sequestrato un capannone nel quale erano raccolte le tonnellate di cavi elettrici da bruciare per ricavare il prezioso metallo e denunciato il titolare della ditta che forniva il rame, oltre ad un bosniaco di 24 anni e un napoletano di 35.Accadeva al Ponte Riccio di Giugliano. Dove le coltivazioni di pesche e uva si alternano alle colline dei rifiuti delle discariche e alle cave di pozzolana riutilizzate per ospitare immondizia.




UGO FERRERO – CRONACHE DI NAPOLI 15 MARZO 2003

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