In due casi, dopo gli abbattimenti, hanno trovato polvere e sabbia, invece di cemento armato. Due casi esemplari, due palazzi costruiti nell’hinterland napoletano – a Qualiano e a Sant’Antimo – che raccontano l’ultima emergenza campana: cemento selvaggio, abbattimenti in corso. E mobilitazioni popolari pronte alle barricate. Un caso che da Ischia si trasferisce in altre zone del Napoletano e della regione.
Ampia gittata per la crociata contro piccoli e grandi ecomostri: sessantamila edifici da abbattere (trentamila sentenze di demolizione affidate alla Procura generale, altre trentamila agli enti locali) una battaglia che è solo all’inizio. Ieri, le ruspe hanno ripreso postazione. In quattro punti del Napoletano, giù case e edifici dichiarati abusivi da sentenze non più appellabili: due a Lettere (dove secondo fonti giudiziarie era stato preparato un pacco di tritolo contro le ruspe), una a Santa Maria la Carità, poi un edificio a Pianura, grazie al coordinamento dei vice procuratori generali Giuseppe Lucantonio e Ugo Ricciardi, e alla sezione ecologia dell’aggiunto Aldo De Chiara. Decisiva una task force di forze dell’ordine, mentre sono previsti massicci innesti di divise per le prossime demolizioni. Che succede a Napoli e in Campania? La risposta è ai piani alti della Procura generale: dopo anni di inerzia, ci sono circa sessantamila sentenze di condanna da rendere esecutive. Un universo a parte, in cui Ischia resta caso esemplare. E qui che domani dovrebbero ripartire le domolizioni, in una vicenda dai grandi numeri: finora
sono state abbattuti «solo» due caseggiati, dopo decenni di assoluta inerzia, ma in tutto
saranno circa seicento le sentenze che dovranno essere eseguite. Ce n’è per massicci interventi di polizia e carabinieri di altri distretti. A ricostruire il lavoro compiuto finora dal pool Ecologia (rappresentato anche dai pm Antonio D’Alessio Maurizio De Marco e Giovanni Galasso) ci sono tutte le facce di mattone selvaggio: dalle abitazioni create attraverso un inesorabile effetto domino (da una stalla sorge una villa con mansarda e tavemetta), a strutture per la ricezione turistica. Tanto, che tra le seicento costruzioni abusive da demolire nella ex isola verde, si scopre che ci sono alcune decine di alberghi creati senza alcun rispetto dei vincoli paesaggistici. Alberghi, strutture ricettive sparse in tutta l’isola, senza impianti di depurazione, senza tutela per quella che un tempo veniva definita la perla del Mediterraneo. Da ieri, dunque, tensione alle stelle. In tanti sugli scudi contro provvedimento ritenuti ingiusti, perché colpirebbero prime case, abusivismo di necessità. Si cercano mediazioni politiche, tanto che in questi giorni si è parlato anche di un interessamento del sottosegretario Gianni Letta alla
crociata anti-cemento selvaggi partita da Napoli. In tanti chiedono un decreto legge
ad hoc, un intervento governativo in grado di salvare le
«prime case», quelle abitate
da persone locali. Una sorta
di «modello Siracusa», in grado di temperare il rigore annunciato in questi mesi dalla Procura generale di Napoli.
Diplomazia e mediazioni politiche a parte, però, ad horas altri abbattimenti. Spiega
l’aggiunto Aldo De Chiara: «Allo stato non credo che questa manifestazione di Ischia
possa fermare l’applicazione delle leggi vigenti». Massimo rigore da parte del viceprocuratore aggiunto Ricciardi: «E un fenomeno radicato, che va preso per le corna da tutti gli addetti ai lavori, coinvolgendo sempre di più al lavoro dei magistrati, quello degli enti locali e delle forze dell’ordine». Eppure le levate di scudo restano una costante per politici e amministratori: tanto che, in questi giorni, la Procura ha addirittura sequestrato la registrazione di un’inchiesta giornalistica andata in onda su «La Sette», in cui un sindaco ammetteva che non avrebbe mai abbattuto un edificio sul suo territorio. Era un sindaco ischitano: l’inchiesta sulle demolizioni rischia di estendersi dal cemento abusivo ai palazzi della politica.
Leandro Del Gaudio
Il Mattino il 27/01/2010