Il disastro provocato dall’inquinamento in Campania l’hanno raccontato scienziati, epidemiologi e medici per l’ambiente. Ci sono tracce di diossina nel latte materno. Le assenza dei bambini a scuola coincidono con i picchi di smog segnalati dalle centraline dell’Arpac. Mille gli interventi di mastectomia, la ricostruzione del seno colpito da neoplasia, ogni anno sono eseguiti negli ospedali della regione. E uno studio condotto dall’Istituto Sbarro di Philadelphia e del dipartimento di patologia umana e oncologia dell’Università di Siena dimostra persino che le statistiche ufficiali sul tumore alla mammella sono sottostimate del 26,5 per cento. «L’esame delle schede di dimissioni ospedaliere fa emergere un’incidenza della patologia decisamente più elevata, soprattutto nella fascia d’età tra i 25 e i 44 anni», afferma il direttore dell’Istituto Sbarro, Antonio Giordano. È allarme in Campania. È rivolta dei medici in difesa dell’ambiente, con l’obiettivo di tutelare la salute pubblica. All’Ordine di Napoli ieri sono state presentate le ultime ricerche che documentano il degrado del territorio e l’incidenza di talune patologie, dai tumori alle allergie. Incrociare i dati tra ambiente e salute, è il monito degli esperti, è fondamentale per inquadrare il problema. «Per il cancro al testicolo è già possibile individuare una correlazione tra l’incidenza della neoplasia e le classi di rischio per l’esposizione a discariche di rifiuti», afferma Mario Fusco, il medico che gestisce il registro dei tumori nell’ex Asl Napoli 4, con 17.300 nuovi casi di malattia rilevati in meno di 10 anni (tra i 1997-2005). Ma i dati sono ancora parziali: «Il sistema è sbrintellato dal punto di vista dei controlli dell’ambiente», rileva Maria Triassi, docente di igiene del Policlinico federiciano, che non nasconde le criticità: «L’Arpac che si occupa del monitoraggio è un corpo estraneo che canta e suona in un’orchestra deserta: non esiste un database a disposizione delle Asl». Di qui l’Sos dei professionisti per cercare di fare sistema. «I problemi sono evidenti. Lo dimostrano gli ultimi studi scientifici presentati da esperti autorevoli», afferma Gabriele Peperoni, presidente dell’Ordine dei medici di Napoli che si richiama all’articolo 5 del codice deontologico. «La nostra categoria – spiega – deve interessarsi dell’ambiente e contribuire a lanciare iniziative a tutela della salute. Ma anche le istituzioni devono attivarsi e subito». Invoca il risveglio delle istituzioni anche Flavio Turrà, coordinatore dei lavori della commissione tecnico-scientifica sull’ambiente dell’Ordine, «creata proprio per lanciare input sulla questione ambientale», puntualizza Turrà e ribadisce: «La Commissione tecnico-scientifica dell’Ordine nasce proprio per lanciare input sulla questione ambientale. Servono risposte concrete». In prima linea il medico del Pascale, Antonio Marfella sottolinea: «Tra il 2001 e il 2009, la spesa farmaceutica dell’Istituto per la cura dei tumori è salita del 300%. È passata da 1 euro a 3 euro per cittadino, a fronte di circa 200 posti letto». Con una metafora, Marfella descrive duramente la situazione: «È in atto una lapidazione, perché nessuno si sente responsabile dell’omicidio ma ciò non significa che non si muoia, a causa di questo continuo lancio di pietre contro la salute dei dei cittadini». Un bambino su 500 si ammala di neoplasia, fa osservare Ernesto Burgio, del comitato scientifico dell’Isde. Tra il 1998 e il 2002 i casi di cancro sono aumentati del 3,2% l’anno. Due tavole rotonde e nove relazioni, nel corso del convegno all’Ordine dei medici, hanno ribadito l’importanza della ricerca scientifica e delle conoscenze multidisciplinari.
Maria Pirro
Il Mattino il 16/02/10
«Latte materno contaminato dalla diossina»
È la storia di una emergenza senza fine: «Stiamo cominciando a osservare una pericolosa contaminazione del latte materno», afferma Gaetano Rivezzi, vicepresidente nazionale dell’Isde, l’associazione dei medici per l’ambiente. Il pediatra dell’ospedale di Caserta è tra gli autori del primo studio scientifico che prova a documentare il caso. Cento donne, tra i 23 e i 35 anni, tutte alla prima gravidanza e residenti in una trentina di comuni dell’area a Nord di Napoli e nella provincia di Caserta, sono state coinvolte nella ricerca appena inviata per la pubblicazione a Lancet, la rivista che già in passato si è occupata di questi temi di salute pubblica, scatenando polemiche e smentite, con la definizione di «triangolo della morte» in relazione all’alta incidenza di decessi nelle stesse province che ritornano all’occhio del ciclone. Questa volta l’indagine che individua la presenza di diossina nel latte materno è stata realizzata dagli esperti dell’Istituto Zooprofilattico di Teramo, con Giampiero Scorchini, e da un gruppo di medici dell’ospedale di Caserta, guidato da Rivezzi. «Emerge che nel 10% dei campioni individuali il livello di diossina è preoccupante. Ed è indicativo l’aumento della presenza di queste sostanze tra le donne che risiedono nelle zone più inquinate». Non solo: «I valori sono crescenti con l’età. Quasi raddoppiano», spiega Rivezzi che aggiunge: «Le tracce di diossina riscontrate possono anche essere messe in relazione con i comuni di residenza e il fenomeno degli incendi di rifiuti». Dati che fanno salire ancora i timori, se si considera che «l’ultimo censimento dell’Arpac segnala la presenza di 1186 discarche legali e illegali nella provincia di Napoli, 815 nella provincia di Caserta, 320 nella provincia di Salerno, 125 in Irpinia», ricorda Giuseppe Comella, presidente di Sicog. C’è anche una ricerca dell’Organizzazione mondiale della sanità che rileva come il 23% delle morti e il 24% delle patologie sono dovute a fattori ambientali, ricorda Roberto Romizi, presidente nazionale dell’ong Isde. Per Paolo Vincenzo Pedone, preside della facoltà di Scienze del farmaco della Sun, «il vero problema è anche la poca consapevolezza dei cittadini dei danni ambientali sulla salute». Ma il direttore generale dell’Istituto Pascale, Antonio Pedicini, invita alla cautela sugli studi che riguardano la diossina.
Lo sfogo di Ganapini: in Regione ho avuto le mani legate
Ai medici affida il suo testamento politico: «Sono stato messo in nessuna condizione di poter operare». Così esordisce Walter Ganapini, assessore regionale all’Ambiente, nell’intervento fuori programma inserito tra le pieghe del convegno all’Ordine dei medici, mentre si avvicina la scadenza del mandato elettorale in Campania. «In questi due anni – dice Ganapini – mi è toccato di giocare in difesa e in termini di interdizione». Se non si è dimesso lo spiega un attimo dopo: «Spero comunque di aver contribuito a evitare che altri progetti strapalati potessero essere realizzati in Campania». Una battaglia dunque tutta giocata sul «fronte del no costruttivo». Il successo più importante: «Sono riuscito a evitare la realizzazione dei famosi 5 inceneritori». Senza celare l’amarezza, Ganapini però aggiunge: «Per l’impianto di Acerra non so dire come e quanto stia lavorando. Non sono mai potuto entrare in quell’area». Altra fronda combattuta dall’interno, nelle istituzioni: «Dovevano nascere 12 discariche». Nulla di fatto, al momento. Ma l’incubo rifiuti resta: «Sto, stiamo cercando di resistere a una seconda discarica da realizzare nel parco del Vesuvio». L’assessore in trincea però si è sentito e si sente anche impotente. Ecco perché si rivolge ai medici. Con la speranza che sia possibile ottenere un risultato «che fin qui non sono riuscito a ottenere: prima di tutto, sul fronte dell’informazione. In questa regione non è stato possibile dare corpo a leggi che esistono». L’elenco dei progetti sulla carta è lungo: «28 luglio 2003, osservatorio ambiente e legalità della Regione Campania: mai operativo; 20 settembre 2004, disciplinare di funzionamento anche sugli aspetti della salute: non sono riuscito a farlo mettere in piedi. C’erano addirittura risorse che sono andate perse», fa notare l’assessore. E ancora: «21 febbraio 2004, osservatorio per l’ambiente, pure mai posto in essere. 17 luglio 2007, monitoraggio per la salute della popolazione, attraverso osservatorio epidemiologico regionale e registro tumori. Risorse mai utilizzate. Mai». Ganapini tira in ballo l’assessore regionale alla sanità e il suo predecessore: «Non ho trovato nessuno, da Montemarano a Santangelo, che mi abbia detto che questi progetti non si devono fare. Il nodo è tutto interno alla struttura». Quindi l’affondo: «Occorre un potentissimo ridisegno della macchina della Regione. C’è una situazione indescrivibile». Altro ente nel mirino è proprio l’Agenzia regionale per l’ambiente: «Per mettere mano a quella cosa disastrosa che si chiama Arpac ci ho messo un anno e mezzo». E poi, il problema di fondi. «A partire dalle bonifiche. Spesso i fondi non sono nemmeno un decimo di quelli promessi». L’ultimo braccio di ferro con il commissariato di governo all’emergenza rifiuti: «Sta lasciando un debito di due miliardi che deve essere affrontato con una legge». E intanto «nulla è accaduto in Campania che si possa chiamare bonifica di un’area contaminata». Interrotto dagi applausi, Ganapini conclude, tra amarezze e speranze: «Non possiamo rassegnarci che le cose così vadano. C’è bisogno di uno sforzo grosso e informato. Io sono venuto per rendere onore a voi. E mi auguro che teniate altissima la guardia. Da ambientalista, in futuro, sono disponibile ad andare avanti nella battaglia. Perché il popolo campano non merita tutto questo».
Maria Pirro
Il Mattino il 16/02/10