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Clan Mallardo: conti e libretti bancari affidati a «Teste di legno»

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Triangolo perfetto per i vertici del clan Mallardo, gente che, per dirla con un teste d’accusa, «i soldi non li tiene mai fermi». E sono proprio le banche il punto di forza di un impero costruito sul cemento e sulla fabbrica di condoni falsi: non solo hinterland napoletano, ma anche Lazio, Toscana, Calabria, sono i territori dove il cartello dei fratelli Mallardo hanno investito negli ultimi dieci anni. Inchiesta che punta sul latitante storico Giuseppe Dell’Aquila, ma anche su una impressionante rete di fiancheggiatori e prestanome. Sotto inchiesta, per il momento, Raffaele Carlino, Gaetano Abruzzese, Gennaro Delle Cave e Emilio D’Alterio, ma le indagini della Dda di Napoli ora puntano ai colletti bianchi, almeno a giudicare dalle ultime mosse degli inquirenti. Tre nomi prima di tutto, in una informativa di pg acquisita agli atti: «Attraverso l’intercessione di compiacenti funzionari di banca (M.A., I.U. e D.A.R.), Carmine Maisto (in cella, ndr) è riuscito ad ottenere cospicui finanziamenti, in molti casi erogati in assenza dei presupposi reddituali e patrimoniali atti a garantire l’esposizione creditizia». Nell’informativa c’è dell’altro: «Tali erogazioni sono state destinate all’effettuazione di investimenti nel settore edilizio ed i immobiliare ed all’acquisizione delle quote societarie di soggetti giuridici (c.d. finanziamenti bullet) proprietari di diversi immobili». Due anni di indagini condotte dal comandante provinciale della Finanza di Roma, generale Andrea De Gennnaro, dal comandante del nucleo di polizia tributariaVitoAugelli in sinergia con
la questura di Latina. Poi ci sono le accuse di Gaetano Vassallo, imprenditore legato ai casalesi, collaboratore di giustizia sotto scorta. Stando al suo racconto, c’è un gruppo di insospettabili che accendono conti correnti e gestiscono decine di libretti di assegni per conto dei Mallardo. Gente che ha accesso in banche differenti e che copre operazioni impensabili per boss e gregari della camorra. Spiega Vassallo: «Ricordo con precisione che, quando omissis mostrava i blocchetti di assegni a me ed a omissis, si trattava di un considerevole numero di assegni in quanto non era un solo blocchetto, ma erano più di uno, quantomeno cinque o sei blocchetti, tenuti insieme da un elastico. il
colore dei libretti cambiavano a seconda delle banche. Ricordo che omissis si vantava di ottenere credito dall’istituto bancario nonostante non ve ne fossero i presupposti».
Un lungo atto d’accusa contro l’uomo ombra della camorra napoletana, uno capace di spostarsi in mezza Italia, di firmare acquisti, accendere mutui, stringere mani. Un volto pulito almeno secondo il racconto di Vassallo:
«Nella cassa del clan confluiscono i proventi di estorsioni, traffico di droga, abusivismo edilizio e degli utili della gestione delle attività imprenditoriali effettuate mediante soggetti legati al clan. Tali soldi vengono consegnati – direttamente o attraverso più passaggi – al reggente pro tempore del clan. Che, a sua volta, ha a sua disposizione soggetti insospettabili cui vengono intestati conti correnti».
Banche, imprenditori, prestanome, dunque. Un triangolo perfetto di una camorra sempre più Spa. Basta l’affresco di abusi e illegalità nella zona del doppio senso o di Lago Patria, dove per anni i Mallardo hanno costruito e riciclato. Spiega Vassallo: «Lì hanno realizzato, senza subire alcun controllo né alcun problema, l’ulteriore sopraelevazione dell’albergo, con un piano in più rispetto a quelli già esistenti, comunque abusivi. Anche questo albergo, come tutti gli altri di cui ho parlato negli altri verbali non ha alcun requisito di quelli previsti per legge quanto all’antincendio ed all’agibilità».

Leonardo Del Gaudio
Il Mattino il 25/03/10

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A Ischia la vacanza dorata dei boss

Le mani della camorra sul patrimonio edilizio dell’isola verde. Ad Ischia Porto anche una villa, un appartamento ed un motoscafo sono finiti nel maxisequestro disposto dalla Dda di Napoli che indaga sull’impero economico del clan Mallardo. In piena zona residenziale, al civico 49/F di via Fasolara, i magistrati hanno disposto il sequestro di una villa intestata alle sorelle Claudia e Paola D’Alterio, residenti a Napoli. In una palazzina di via Michele Mazzella, al civico 45, a finire sotto sequestro è stato l’appartamento intestato ad altre due sorelle napoletane: Olimpia e Maria Teresa Carlino. In entrambi i casi si tratta di sorelle, ed in entrambi i casi si tratta di figlie di imprenditori del settore edile ed immobiliare, a loro volta indicati nelle carte dei magistrati della procura antimafia come «teste di legno» nelle operazioni finanziarie della camorra. I nomi di Emilio D’Alterio, 59 anni, e Raffaele Carlino di 60, amministratori o soci di una galassia di aziende immobiliari e di costruzioni tutte riconducibili al clan Mallardo, compaiono non a caso fra quelli per i quali è stato ordinato l’arresto. Al porto di Ischia è stato infine sequestrato un motoscafo Mira 34 intestato alla società Arcobaleno Immobiliare di cui è socia Maria Teresa Carlino.
«Che le organizzazioni criminali abbiano forti interessi sul patrimonio edilizio anche della nostra isola – commenta il sindaco d’Ischia Giosi Ferrandino – è un fatto risaputo, perché questo accade in tutte le località turistiche dove girano molti soldi. Purtroppo ciò accade perché spesso si trovano sul posto persone compiacenti, che avallano le operazioni. E qui, anche tante speculazioni edilizie – conclude il sindaco – vengono portate aventi con capitali di dubbia provenienza». L’interesse della camorra, ma anche della mafia, al mattone isolano è storia che affonda le sue radici nei lontani anni 60. Allora era
Antonio Spavone alias «‘o Malommo» a spadroneggiare nella zona di Lacco Ameno, proprio dove Angelo Rizzoli realizzava importanti opere e i grandi alberghi della Dolce Vita. Poi è stata la volta dei Giuliano, dei Vastarella, dei Nuvoletta, dei Mazzarella, dei Misso. E perfino della mafia siciliana di Totò Riina, secondo quanto riferito nel 1993 alla commissione parlamentare antimafia dal pentito Calderone. Case, ville, insediamenti turistici molti dei quali abusivi. Così Ischia è diventata nel tempo una delle più importanti «lavanderie» per il danaro sporco.
Nel 2001 i carabinieri arrestano a Casamicciola il boss Ciro Armento. Latitante da anni, Armento era già stato condannato all’ergastolo perché riconosciuto autore dell’attentato dinamitardo alla Sanità nel quale peri il boss rivale Luigi Vastarella. Si era nascosto nella villa di Casamicciola intestata ad un prestanome, così come gli appartamenti alla spiaggia dei pescatori di Ischia ed a Lacco Ameno.

Massimo Zivelli
Il Mattino il 25/03/10

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