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venerdì, Aprile 19, 2024
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Antonio, da Giugliano in Arabia
Era cuoco nel ristorante italiano

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GIUGLIANO. Era arrivato in Arabia Saudita da soli tre mesi Antonio Amato, l’italiano ucciso nell’assalto terroristico di al Khobar. Trentacinque anni, aveva deciso di lasciare la casa nei pressi di Giugliano, grosso centro nell’entroterra a Nord di Napoli, per lavorare nel paese arabo come cuoco nel residence “Oasis Resort”. Era lui a dare l’impronta italiana nel ristorante “Casa Mia” interno al lussuoso complesso alberghiero. Antonio Amato non era però registrato presso l’ambasciata italiana.

Alla famiglia Amato è giunto nel pomeriggio il messaggio di cordoglio del presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: “La barbara uccisione del giovane Antonio Amato nel residence Oasis ad Al Khobar è un crimine efferato che scuote la coscienza collettiva degli italiani”, scrive il presidente sottolineando il proprio sdegno e la necessità che “diritto e legalità internazionale prevalgano sull’odio”.

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L’ultimo contatto tra Antonio e la sua famiglia risaliva a due giorni fa. In una e-mail diceva ai genitori e ai fratelli che “andava tutto bene”, ha fatto sapere il fratello maggiore Fabio. “Non sappiamo niente di più rispetto a quanto sapete voi”, ha detto ai giornalisti, “ad informarci della morte di Antonio sono stati questa mattina i carabinieri”. Antonio, prima di andare in Arabia, aveva lavorato sempre come chef a bordo di navi. Si era diplomato all’istituto tecnico per l’agricoltura “Silvestri” di Licola.

I familiari di Antonio si erano rivolti questa mattina ai carabinieri, preoccupati per le notizie che arrivavano dall’Arabia Saudita e per l’assenza di contatti con il giovane. Ad andare in caserma è stata la sorella di Antonio, che ha manifestato i timori della famiglia anche alla luce del fatto che l’ultima e-mail ricevuta dal fratello risaliva a venerdì. I carabinieri hanno informato la famiglia della tragica sorte del giovane.
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Subito dopo aver appreso la notizia della sua morte, in casa di Antonio Amato, una villetta isolata in via Ripuaria dei Camaldoli, a Varcaturo, una frazione di Giugliano, sono arrivati una quindicina di parenti e amici e alcuni rappresentanti delle autorità locali. Tra i primi a giungere il parroco della vicina chiesa di San Luca, don Carlo Villani, che ha voluto confortare i genitori. Il padre, odontotecnico, originario della Sicilia, si era trasferito da un trentina d’anni nel napoletano.

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