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NAPOLI SPECCHIO DELL’ITALIA? ROMITI FA APPELLO AL SENSO DI RESPONSABILITÀ DEI GIOVANI

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Rassegna stampa di venerdì 17 novembre 2006. “Se Napoli è malata è perché l’intero paese è malato”. L’affermazione, tratta dall’articolo di Pietro Barcellona sul Corriere del Mezzogiorno, ricorre più o meno identica nell’intervista a Cesare Romiti di Anna Maria Asprone sul Mattino e traspare in qualche modo anche nella lettera di Aldo Cennamo a Repubblica Napoli. Per la verità, Pietro Barcellona è piuttosto duro e non usa mezzi termini per esprimere la sua posizione critica prendendosela direttamente con la classe dirigente. Barcellona parla di “colossale crollo di ogni sistema di valori capaci di indirizzare le energie vitali verso mete e modelli degni di un popolo evoluto e maturo”. L’articolo di Barcellona, che consiglio vivamente di leggere, si conclude con l’indicazione della necessità della “selezione di una nuova classe dirigente che, superando le pratiche opportunistiche e clientelari, sappia indicare mete ambiziose alle nuove generazioni”. “Per questo – continua Barcellona – occorre avere la forza di sottrarsi all’abbraccio mortifero dei vecchi poteri che cooptano più che confrontarsi o scontrarsi, e aprire una nuova fase di denuncia dei metodi seguiti nel passato”. Nell’intervista al Mattino, Romiti paragona il “cataclisma” che ha colpito Napoli negli anni con l’alluvione che colpì Firenze 40 anni fa, qualcosa cioè capace di provocare un disastro che va oltre la città colpita coinvolgendo tutta la civiltà. Per Romiti il rimedio sta nella responsabilizzazione dei giovani, “proprio come per l’alluvione”. Nella lettera pubblicata da Repubblica Napoli con il titolo “Il ripristino della legalità è l’obiettivo prioritario”, Aldo Cennamo chiede di incentivare “un clima di fiducia, una più ampia collaborazione tra cittadini e istituzioni (…) che si proponga come obiettivo prioritario il ripristino della legalità e la riaffermazione di quell’ordine civile e morale che rende possibile il vivere comune”. Secondo Cennamo la delusione che sta alla base dell’annichilimento di Napoli “trae origine dalla consapevolezza che un ciclo politico (…) si è chiuso senza che fossero affrontati alla radice alcuni dei mali endemici che affliggono questa grande metropoli”. È il reflusso di quel sentimento di orgoglio che fu alla base del rinascimento post-tangentopoli. La malattia di Napoli, eterna eppure attuale, si rispecchia dunque nella malattia dell’Italia, di una comunità cioè che non ha saputo “approfittare” del momento magico offerto da quella “rivoluzione di velluto” che seguì agli eventi di Tangentopoli e alla grave crisi che colpì l’Italia nel 1992. Così il paese è sopravvissuto ed è perfino riuscito a entrare nell’euro senza risolvere i suoi problemi. E si sa che se il male non viene estirpato alla radice, prima o poi riaffiora e può anche uccidere.


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