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venerdì, Aprile 19, 2024
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MELITO : INCINTA DI TRE MESI, SI SUICIDA

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MELITO – Trent’anni, incinta al terzo mese. Si lancia nel vuoto dopo un litigio con il compagno, sotto gli occhi di decine di persone. Inutile il disperato tentativo di salvarla. L’amico ha cercato di trattenerla quando era già nel vuoto, ma ha perso l’equilibrio ed è scivolato. La ragazza si è schiantata al suolo dal quarto piano, dopo un volo di oltre tredici metri, piombando nel parcheggio dell’albergo dove alloggiava con il suo uomo: l’hotel Hobbit, in via Umbria, una strada a ridosso della Circumvallazione esterna al confine tra Melito e Scampia. La coppia viveva in Germania ed era tornata in italia una settimana fa per i funerali della sorella della ragazza. Sull’accaduto indagano gli agenti del commissariato di Giugliano, diretti dal vicequestore Alberto Francini, che ieri hanno a lungo sentito i familiari della ragazza ed il convivente. Quest’ultimo è ora in stato di choc.
Tutto è accaduto poco prima delle 14. Monica Ursini e S.C. erano da poco rientrati in albergo dopo essere stati fuori per il pranzo. Sarebbero ripartiti oggi. La coppia viveva in Germania, a Bedendorf, da circa un anno. Entrambi originari di Napoli. Lui, 40 anni, separato da tre anni e padre di tre figli, era nativo del Borgo di Sant’Antonio. Lei, di Secondigliano. I due si erano conosciuti poco più di un anno e mezzo fa, innamorandosi pazzamente. Un amore contrastato dalla famiglia di lei, che non aveva accettato di buon grado l’unione con un uomo separato. La ragazza non aveva voluto sentir ragioni ed i due erano andati a vivere insieme, dapprima a Napoli, poi in Germania, dove avevano aperto una pescheria.
Erano tornati a Napoli una settimana fa, per partecipare ai funerali di una sorella di lei. A Napoli, erano alloggiati presso la casa di alcuni amici. L’altro ieri sera, avevano tardato più del solito ed avevano preferito fermarsi in albergo per non approfitare ulteriormente della disponibilità offerta dagli amici. Il personale dell’albergo li ha descritti come una coppia tranquilla, affiatata. «Sembravano molto innamorati – hanno raccontato – Niente lasciava presagire quel che è poi accaduto». La ragazza era incinta, la gravidanza cominciava a intravedersi. I due erano usciti per andare a pranzare intorno a mezzogiorno. Avevano mangiato una pizza nei pressi dell’albergo, quindi erano tornati. Una volta raggiunta la stanza, si erano messi in libertà, entrambi in pigiama. Volevano riposare, prima di raggiungere la coppia di amici che li aveva ospitati, per recuperare a casa loro i bagagli.
La discussione è scoppiata all’improvviso. Lei voleva andare a salutare i suoi, lui l’aveva canzonata insistendo che lasciasse perdere. «Che ci vai a fare? Tanto ti trattano male. Lo sai che non gli va che stai con uno separato», ha raccontato di avere detto il convivente della donna. Lei aveva insistito, ne avevano discusso per un po’, poi, all’improvviso, la ragazza ha spalancato la finestra, scavalcando la ringhiera.
«Tutto è accaduto in pochi secondi, anche se mi sono sembrati un’eternità – rievoca il direttore dell’albergo – L’ho vista sporgersi, scavalcare la ringhiera e lanciarsi. Lui l’ha afferrata al volo. Il corpo della ragazza era sospeso nel vuoto, lui la teneva per un braccio, poi è scivolato. È stato tremendo». Alla scena ha assistito anche una sedicenne che abita nel palazzo di fronte all’albergo: «Ero affacciata, guardavo in direzione dell’albergo. L’ho vista aprire le imposte. Con calma ha scavalcato e si è lanciata. Io ero impietrita. Quando ho visto quell’uomo che l’afferrava ho creduto che ce l’avesse fatta, poi l’ho visto scivolare…».









«NON RIUSCIAMO A SPIEGARCI
QUESTO GESTO ESTREMO»




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Erano una coppia felice Monica e S.. «Si amavano. Non avevano problemi, nessun motivo di astio», raccontano in lacrime i familiari di Monica, che abitano a Secondigliano. Tra loro nessuno riesce a spiegarsi il motivo del folle gesto, credono si sia trattato di un momento di estrema debolezza, di un incidente «perché lei non voleva uccidersi». «Lì in Germania s’erano rifatti una vita, avevano aperto un negozio riuscendo a fare buoni affari», ripetono in parenti. E poi c’era quel figlio in arrivo che li aveva resi tranquilli. Abbastanza per dimenticare i tanti problemi che li avevano a lungo assillati nei rapporti con i familiari di entrambi: il matrimonio fallito e i tre figli lontani di lui, le difficoltà dei genitori di lei ad accettare quell’unione che all’inizio sembrava non avere alcun futuro.








«L’ho afferrata per un braccio
ma sono scivolato e mi è sfuggita»


«Ho cercato di salvarla, ho lottato disperatamente ma non ce l’ho fatta». È l’inizio del disperato racconto fatto alla polizia da S.C., il convivente di Monica, la ragazza di 30 anni incinta al terzo mese lanciatasi ieri dal quarto piano dell’albergo Hobbit di Melito. «Era stata una giornata serena. Avevamo pranzato, una semplice pizza in un ristorante non lontano dall’albergo. Quando siamo tornati abbiamo cominciato a fare i programmi per il pomeriggio e per la giornata di domani. Dovevamo ripartire e c’era ancora tanto da fare: i bagagli da recuperare, gli amici da salutare, i parenti…». Proprio loro sono stati la causa del litigio culminato poi nel suicidio di Monica.
«Non abbiamo avuto un litigio vero e proprio – dice ora S. – Monica voleva andare a salutare i suoi, io non ero d’accordo. Le ho chiesto di non andarci. Le ho detto: che ci vai a fare, lo sai che poi ti dicono sempre le stesse cose, che non gli va che stiamo insieme. Cose di questo genere. Nessuno dei due era agitato. Ne abbiamo parlato per un po’, lei mi ha detto che era la sua famiglia, che voleva andarci, che voleva salutarli. Non le importava quel che le avrebbero detto – prosegue – Una discussione normale, come se ne fanno tante. Senza urla, senza che nessuno offendesse nessuno. Lei era d’una opinione, io dell’altra. Monica diceva la sua, io la mia. Poi, all’improvviso, senza alcun preavviso, si è alzata ed è andata verso il balcone, ha aperto la porta-finestra ed ha scavalcato. A questo punto il racconto si fa più teso. In un attimo ho realizzato cosa stava accadendo, cosa stava per fare e mi sono precipitato anch’io alla finestra. Era già dall’altra parte quando l’ho afferrata per un braccio. Era sospesa nel vuoto. L’ho afferrata con entrambe le mani».
«Ho cercato di tirarla da quast’altro lato della balconata, di riportarla dentro – continua il racconto – Ho tirato con tutte le forze. La tenevo, stavo per tirarla via quando si è irrigidita. È diventata pesantissima. Monica soffriva di convulsioni, probabilmente è stata una di quelle a farla diventare rigida come un pezzo di legno. Ho provato a tenerla, in ogni modo, con tutte le mie forze. Mi sono aggrappato alla rinchiera, ma era troppo pesante. Non ce l’ho fatta. Sono scivolato emnetre io cadevo sul pavimento, lei è volata giù».




ANTONIO POZIELLO – Il Mattino 3 dicembre 2002

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