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domenica, Giugno 16, 2024
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SI ARRENDE IL BABY ASSASSINO

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dall’inviato a GIUGLIANO





Si è costituito dopo un disperato tentativo di fuga. Lo cercavano i genitori, lo cercavano i carabinieri. Agostino, 15 anni, si è consegnato ieri mattina, stremato, ai militari della Compagnia di Giugliano. E’ lui il giovanissimo assassino di Vittorio Vassallo, 19 anni, ucciso mercoledì pomeriggio nella barberia di via Verdi. “Non riusciva a parlare – spiegano i militari – era sotto choc, balbettava”. Agitato e confuso. Un pulcino bagnato in cerca di protezione.

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Mancavano quindici minuti alle undici quando il giovane, accompagnato dall’avvocato Pasquale Pianese e dal padre, si è presentato ai carabinieri di via Dell’Acquario. Diverse ore in camera di sicurezza, muto, con lo sguardo perso nel vuoto. “Non è stato possibile interrogarlo – dice il capitano Gianluca Trombetti che coordina le indagini – era in evidente stato confusionale”. Agostino è stato condotto nell’Istituto per minori dei Colli Aminei. Su di lui pesa un’accusa gravissima: omicidio volontario. Un macigno.




LA TRAGEDIA – Agostino e Vittorio erano amici da sempre. Amici del cuore. Lavoravano nello stesso “coiffeur” in via Verdi, a pochi passi dalla biblioteca di Giugliano. Entrambi apprendisti, garzoni di Enzo Marano, proprietario della barberia. E’ lì, in pochi metri, che si consuma la tragedia. L’orologio segna le 15 di mercoledì. “Don” Enzo affida ai giovani le chiavi del negozio: “Aprite voi intanto che finisco di mangiare”. Agostino e Vittorio si avviano in negozio, sistemano le cose in disordine. Poi però scoppia la lite. Qualcosa mancherebbe nel locale, i due si accusano a vicenda. Sembra la “solita” discussione, la “solita” scaramuccia, la “solita” storia. E invece no. Perché all’ improvviso c’ è una forbiciata, poi un’ altra, poi un’ altra ancora. Quattro, alla fine. E’ Agostino ad armare le mani di follia. Colpisce con violenza Vittorio. Due fendenti all’addome, uno alla gamba sinistra. L’ultimo, quello fatale, al torace. Vittorio stramazza a terra, in un lago di sangue. “Cosa ho fatto, cosa ho fatto….” urla il quindicenne, si dimena. Prova a fermare qualche auto, chiede aiuto. E’ in preda alla disperazione. Poi scappa a piedi, in direzione del cimitero. Sono le quindici e quaranta. Si spalancano le finestre delle case di via Verdi, la gente accorre. Intanto in negozio arriva il fratello del titolare. Vede Vittorio a terra, lo scuote, a modo suo prova a rianimarlo. Invoca aiuto, mentre si carica il ragazzo sulle spalle, lo riversa nella sua auto e corre a tutto gas verso l’ospedale del posto, il San Giuliano. Tutto inutile. Muore poco dopo il ricovero.

LE INDAGINI – Subito sul posto i militari della Compagnia di Giugliano, diretti dal capitano Trombetti e dal tenente Ianniello. I carabinieri sentono a lungo il proprietario del salone ed il fratello di quest’ultimo, l’uomo che ha trovato il giovane ferito ed esamine. Sentono anche diversi testimoni. I rilievi all’interno del salone sono ritardati dalla perdita delle chiavi del negozio. È, infatti, necessario forzare una porta blindata per poter entrare all’interno. Solo nella tarda serata di mercoledì viene esaminata la scena del delitto. Sangue dappertutto: sulle poltrone, a terra, sui lavandini. Un mattatoio.

Le indagini dei carabinieri subito puntano su Agostino, “collega” di lavoro del 19enne. E’ l’ultimo ad averlo visto, e ad aver lasciato diverse tracce sul luogo della mattanza. Tracce indelebili, inconfutabili. Parte la caccia. Vengono ascoltati i genitori, i clienti e i proprietari del vicino bar “Veneziano”. Qui tutti conoscono i due. “Facevano colazione sempre alla stessa ora – racconta il proprietario del bar – Vittorio prendeva il cappuccino con brioche al cioccolato, Agostino accompagnava il cornetto con il succo di frutta”. Le ore scorrono, le indagini si rendono frenetiche. Ma di Agostino non c’è traccia. Volatilizzato nel nulla. Solo nella terza metropoli più grande della Campania. Si scoprirà poi che non è andato molto lontano. L’arma del delitto, quasi sicuramente una forbice non ancora ritrovata, viene abbandonata nei pressi del cimitero.

Agostino vaga tutta la notte. Tormentato dal dolore. Sfiancato dalla paura. Afflitto dal rimorso. E’ l’alba di giovedì quando bussa all’abitazione di una zia, sempre a Giugliano. Piange, non riesce a parlare. La zia chiama i genitori, che lo accompagnano in Caserma. Qui gli sarà notificato il fermo. Non ci sono altri coinvolti nella vicenda.



L’INCREDULITA’ – Vittorio Vassallo e Agostino vengono descritti come giovani perbene, tutt’altro che litigiosi. Entrambi ragazzi come si deve, figli di famiglie come si deve; niente intorno che scricchiola, niente che non appaia tranquillo, rassicurante, serio, per bene. Gli psicologi se la prendono con la fragilità degli adolescenti, con la loro incapacità di dialogare, con la società. Ma a Giugliano vince lo stupore. “Erano bravi ragazzi, timidi e introversi” continuano a ripetere gli amici. Cosa allora è entrato nel misterioso ingranaggio della vicenda che ha trasformato un ragazzo di quindici anni, di prim’ordine, in un assassino: gelosia, competizione, una parola sarcastica? Solo Agostino potrà chiarirlo.

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