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Cascata di cemento sulle rive del lago Patria

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«È stata rispettata la legalità, ma è stata offesa la giustizia»: Francesco Nuzzo, il sindaco che è anche magistrato, fa suo il commento di molta gente del posto. Prima sequestrato, per sospetti di irregolarità e anche di peggio. Poi, qualche giorno fa, dissequestrato per due terzi a conclusione di indagini accurate dei magistrati della procura di Santa Maria Capua Vetere. Fa discutere la imminente ripresa dei lavori al cantiere del «Green Domitia Village», il mega-centro turistico che ormai è sorto lungo la statale Domitiana al chilometro 42 in territorio di Castelvolturno. C’è chi, come il Wwf, non esita a parlare di «orrore ambientale» e chi, come il sindaco-magistrato di Castelvolturno, ammette allargando le braccia: «Se fosse dipeso da me, non avrei mai consentito di costruire nulla in quei luoghi a ridosso del lago». Dall’auto si intravede soltanto una lamiera. Alta sulla destra, venendo da Napoli. È lunga più di ottocento metri, cioè quanto è lungo il villaggio, solenne filiera di manufatti bassi ma cementosi all’altezza del chilometro 42 della Domitiana in territorio di Castelvolturno (23mila abitanti, tremila immigrati), città che per l’Unesco – tanto per intendersi – è da considerare dal punto di vista ambientale «uno dei tre siti più devastati del mondo». Dagli «scheletri» ben si intravede quel che tra poco qui ci sarà: alberghi con piscina. Chiesa. Centro per il benessere. E piazze. E strade. E negozi. E garage. E palme. E centri commerciali. 170 gli appartamenti, anzi i residence, destinati ai futuri vacanzieri che godranno vista diretta su lago e pineta. È un paese che sta per nascere, dietro quella lamiera che occulta e protegge. Tutto legale, sia ben chiaro. E perfino ben visto da una parte degli abitanti, quelli che – stufi del degrado – sperano di conoscere «un po’ di gente finalmente normale dopo che per anni qui si sono visti solo nigeriani, prostitute e delinquenti». Tutto legale. Senza ombre. Né dubbi. Però, adagiato proprio sulle rive del lago Patria. A mezzo passo dalla Domitiana. E dai 27 chilometri di spiaggia avvelenata, dove sversano quasi cento Comuni, spesso bypassando depuratori e decenza. E faccia a faccia con la pineta, 280 ettari di polmone seviziato, sciupato, bistrattato. Qui, tra i cespugli verde cupo dove da decenni la camorra pasticcia e nasconde di tutto, perfino i suoi veleni e le piste sterrate per le sue corse pazze. Per le scommesse. A dorso di purosangue. Prima sequestrato, sigillato, impacchettato. Dalla procura di Santa Maria Capua Vetere che sospettava – si legge nei documenti – numerose irregolarità e anche di peggio. Poi il dissequestro, qualche giorno fa, per due terzi di quell’area perchè così la legge impone dopo valutazione degli esiti di indagine. I lavori riprenderanno. Presto. Cioè subito dopo gli abbattimenti che la Domitia Villagge srl dovrà effettuare a proprie spese nella zona ancora sigillata, così come ha disposto il sindaco Nuzzo a nome del Comune di Castelvolturno. Tutto legale. Ma il dissequestro fa discutere. E divide l’opinione pubblica. Dentro Castelvolturno. E fuori. E non basta a sopire le polemiche il fatto che le motivazioni del dissequestro appaiano inappuntabili. Dice Alessandro Gatto, del Wwf di Aversa: «Basta. Qui non si tratta più di discutere nello specifico dei singoli episodi. Si tratta solo di dire basta. Da tempo, su un’area così devastata, si sarebbe dovuto bloccare qualsiasi edificazione. A prescindere, direbbe Totò. Le torri abbattute a suo tempo al Villaggio Coppola costituscono ancora oggi un esempio emblematico, un simbolo non solo per l’Italia ma per l’Europa. A ridosso di quel cantiere al lago Patria si segnalano rotte migratorie di primaria importanza. Negli ultimi anni sono stati avvistati volatili iper-protetti a livello di convenzioni internazionale, come i fenicotteri rosa e perfino le cicogne. Ma a chi interessa tutto ciò?». Litorale assassino. Che sa di discariche. È di rifiuti tossici. È terra di nessuno. Cioè di Ecomafia. Eppure, a Castelvolturno — unico esempio del Casertano – da anni si registra un incremento demografico del tre per cento. Si torna a crescere, dopo l’assalto drogato negli anni del bradisismo puteolano e il successivo, graduale svuotamento avvenuto per colpa di eroina, camorra e veleni. Raccontano in municipio: «Si vive di imprenditoria balneare, di mozzarelle di bufala (ma poco, perchè il terreno sabbioso non aiuta i pascoli), di piccolo commercio. Con il recente accordo di programma, poi, i privati hanno iniziato a investire, anche in deroga alle norme urbanistiche. I fratelli Coppola, proprietari del famoso villaggio, hanno da tempo riacquistato i loro terreni e rinnovato gli atti notarili, sanando così ogni pendenza». E grazie ai privati è stato finalmente realizzato un moderno spartitraffico lungo la Domitiana. Non solo: a Pinetamare nascerà un porto turistico con duemila posti barca e attracchi per otto motonavi. E poi centri commerciali, l’eliporto in pineta, un centro di medicina di eccellenza. Verrà anche restaurato il centro storico, quello di borgo san Castrese. Al circolo però i più accorti borbottano: «Non tutto è luce nè è come sembra. Qui irrisolto resta il problema dell’anima. Che manca. Perchè da Ischitella a Baia Verde, troppe sono le frazioni e troppo distanti fra loro. La gente non può ritrovarsi in piazza, perchè non c’è piazza che tenga. E vacillano i valori, più che altrove. E il senso comunitario. E l’identità». Non c’è piazza. Nè piano regolatore. Ma, senza piano regolatore, come si fa a concedere i permessi per costruire un villaggio? «È semplice – rispondono in municipio – basta dichiarare che si intende costruire una struttura produttiva, finalizzata magari al turismo, e si supera d’incanto quasi ogni ostacolo. Lo consente, suo malgrado, una normativa regionale». Insomma, qui a Patria è tutto in regola. Ma i gestori del ristorante La Caravella, che solitario giace sulla riva del lago, a ridosso del mitico stadio del remo, cucinano solo la domenica sera: «Purché ci siano prenotazioni – sussurrano sconsolati – altrimenti, è più prudente star chiusi. Sì, speriamo davvero che questo benedetto villaggio apra al più presto: verranno i turisti, gente normale finalmente anche da noi. Voi non sapete che inferno è sopravvivere assediati da delinquenti, prostitute e spacciatori».






La collera del sindaco: non si doveva costruire niente


Castelvolturno. «Altro che villaggio turistico… se fosse dipeso da me, in quel luogo non avrei consentito che si edificasse un bel nulla». Francesco Nuzzo, 67 anni, magistrato e sindaco Udeur di Castelvolturno dal 5 aprile del 2005, tenta di sopire un po’ di collera leggendo un albo di Tex che tiene sulla scrivania. Fumetti. Cioè roba seria. Sul computer, nel suo studio in municipio, la bozza del saggio giuridico più recente. Pronto da mandare in stampa. Magistrato, studioso, già direttore del servizio informazioni e consulenza del ministero della giustizia, Nuzzo non nasconde amarezza, delusione, rabbia. «Sa che cosa mi indigna di più? il fatto che tutti i soggetti chiamati al controllo e alla valutazione di quel mega-villaggio in costruzione, a cominciare dalle Sovrintendenze, abbiano preferito limitarsi a prendere atto dei documenti». Il risultato? «Quel villaggio, per due terzi dissequestrato dalla magistratura, verrà presto completato e reso operativo. Con buona pace di una seria tutela ambientale». Perché tanta contrarietà? «Non concepisco la cementificazione di una zona così delicata, proprio sulle rive del lago Patria e a mezzo passo da un’area protetta, dalla pineta e dalla strada statale Domitiana». Rispettata la legalità, offesa la giustizia? «Confermo». Spieghi meglio «Legalità e giustizia, lo dico da magistrato e da studioso, spesso camminano lungo binari assai diversi. E distanti fra loro». Ha mai avuto la tentazione di abbattere tutto? «Avremmo dovuto spendere circa sei milioni di euro. E ci saremmo imbarcati in una diatriba giudiziaria per i risarcimenti». Intanto, ha ordinato ai proprietari di abbattere nell’area rimasta sotto sequestro «È la condizione necessaria per finire i lavori nel resto del cantiere, quello liberato dai sigilli». E adesso? «Finchè sarò sindaco, non consentirò alcun mutamento di destinazione. Lo dico perchè si sappia. E non nascano equivoci». Lei amministra senza piano regolatore «Manca da quarant’anni. Però mi impegno: sarà operativo entro il febbraio del prossimo anno». Castelvolturno terra di abusi? «Per un lungo periodo qui sono rimaste nell’illegalità ben venticinquemila villette. Manca la coscienza comunitaria. I servizi languono. E resta spaventosa la disoccupazione giovanile». Quanto spaventosa? «Da me vengono ragazzi laureati che mi implorano di farli lavorare nella raccolta dei rifiuti». C’è chi ha definito Castelvolturno la capitale della camorra. E ha preteso la commissione di accesso «Hanno verificato per un anno e mezzo tutti i documenti e gli atti. Ne siamo usciti limpidi e trasparenti. Ho querelato, che cosa crede? E il prossimo 2 ottobre…». Che accadrà? «Offriremo la cittadinanza onoraria ad Aurelio De Laurentiis, il presidente del Napoli calcio, che ha accettato con entusiasmo. Già, perché non tutti sanno che di recente il Quirinale ci ha riconosciuto il titolo di città».

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ENZO CIACCIO – IL MATTINO 16 SETTEMBRE 2007

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