I cittadini che vivono o sopravvivono nella Periferia diffusa e disintegrata che va da Napoli a Caserta non sono cittadini come gli altri: ecco che cosa è scritto nel sangue che il tabaccaio Francesco Gaito ha perduto a 47 anni, ucciso per le strade di Sant’Antimo da due rapinatori. Un caso? Una stranezza? Un incidente? Per niente: nella Periferia disintegrata che passa per il tabaccaio ucciso a Sant’Antimo, nella Periferia oscena che transita per la donna che ha perso un occhio a Giugliano, nella Periferia globale che cresce tra Napoli e Aversa e Caserta intorno ai morti rapinati e alle donne stuprate e alle case svaligiate e alle scuole saccheggiate, il morto di Sant’Antimo è atrocemente normale. Ci aspettiamo tutti di essere rapinati, derubati, sparati: ogni giorno che Dio manda in terra chiunque abiti qui è condannato a pensarci, a pensare che la cosa non è affatto impossibile. È condannato a pensare che lui non è un cittadino come gli altri, che lui è un cittadino senza diritti, un cittadino di serie zeta. Tre giorni fa in un piccolo paese della Periferia NapoliCaserta un mio caro amico si è trovato i ladri in casa, per la seconda volta in tre mesi; ha chiamato i carabinieri, ma mentre stendevano il verbale la pattuglia ha ricevuto un’altra chiamata; al ritorno gli hanno detto che non facevano in tempo a passare da un furto all’altro, e hanno aggiunto rassegnati: «Di sera possiamo fare solo un giro di controllo, perché la benzina in dotazione finisce…». Ma se i cittadini protestano, se nella vita infernale che fanno hanno ancora voglia e forza per protestare, la risposta persino ad alti livelli istituzionali è che si tratta solo di una «sensazione» di pericolo, e che la microcriminalità non è pericolosa come la camorra. Ma davvero? E perché le istituzioni non ci vengono loro ad abitare nella Periferia globale dove c’è questa dolce e benefica microcriminalità? Il termine stesso è improprio, perché tra Napoli e Caserta la saldatura tra «piccola» e «grande» criminalità, tra albanesi e rumeni e nigeriani da un lato e camorra locale dall’altro è assoluta, piena, completa. Ma i politici al potere ci ripetono compunti che lo sviluppo della Campania eliminerà il fenomeno criminale. E quando e dove arriverà questo sviluppo? Mai, e certo non qui in queste condizioni. Dove il lavoro imprenditoriale è costretto a pagare pizzi e taglie, dove ogni attività è potenzialmente interessante per la struttura economica criminale, dove la sicurezza del singolo è ridotta a una totale insicurezza non può esserci alcuno sviluppo degno di questo nome. La benzina per le volanti costa, i poliziotti costano, la sicurezza costa: eppure le tasse le pagano anche i sub-cittadini della Periferia NapoliCaserta, ma per loro non c’è nessun diritto alla sicurezza. E l’insicurezza non genera solo morti e furti, ma genera qualcosa di forse peggiore: la sfiducia nelle istituzioni, la tentazione di armarsi e fare da sé, l’incertezza del diritto e la tentazione di pensare che tutto sia lecito. E così la società intera si ammala, anche nei suoi tessuti sani: no, quella che qui sta dilagando nella «normalità» non è «microcriminalità», ma è un’epidemia di violenza diffusa e tollerata che è la nuova peste nera dell’Occidente. La peste nera della violenza qui si diffonde per contagio, va dalla rapina con il morto allo stupro di branco al bullismo di gruppo; inquina i rapporti civili tra le persone, aggrava le condizioni economiche degli svantaggiati che devono munirsi di porte blindate e sistemi d’allarme e pagare il pizzo anche sulla tinteggiatura del proprio appartamento, e soprattutto fa sembrare ai giovani che la parola legalità sia una parola vuota di senso. E questo è l’estremo e più grave veleno che tocca in sorte alla Periferia tra Napoli e Caserta: la crescita di un sentimento che trova nei ragazzi e persino nei bambini un terreno fertile, il sentimento che sia inutile essere onesti e che non ci sia sicurezza e benessere se non per i disonesti. Sicurezza e legalità non sono solo un diritto dei cittadini, ma un dovere per chi li governa. Ma sicurezza e legalità bisogna volerle, e per volerle bisogna smettere di mentire e di dire che in questo paradiso di ipermercati e strade intasate le cose vanno benissimo: qui le cose stanno solo peggiorando. C’è chi ha il coraggio di guardarle in faccia come sono in realtà? Soltanto chi avrà questo coraggio, che è innanzitutto un coraggio intellettuale e culturale, potrà agire per il bene pubblico. Il resto saranno parole, più ripugnanti quanto più fingeranno di essere accorate.
Giuseppe Montesano – Il Mattino 9 ottobre 2007