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«Io, sindaco di periferia governo con la paura»

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Alle tre del pomeriggio è già da sette ore ininterrotte al lavoro negli uffici di corso Vittorio Emanuele. Sindaco da sei anni alla seconda consiliatura, 42 anni, avvocato sposato con tre figlie, Raffaele Topo guida una delle giunte comunali nell’area «calda» a nord di Napoli. Uno degli otto sindaci, che da tempo avvertono sul collo il fiato corto della criminalità di ogni tipo. Lui ne è cosciente, a Villaricca ci è anche nato e ci vive. Sindaco, che significa guidare un Comune nella tormentata area a nord di Napoli? «Significa fare i conti con la paura da superare, con la precarietà da annullare. Ogni giorno, gran parte della mia attività è occupata a ricevere gente che ti fa mille richieste, ti fa partecipe di mille problemi». Tanta gente? «Ho calcolato almeno 50 persone in media al giorno. Sentono la sede comunale come l’istituzione più vicina, l’unica accessibile. Portano qui i loro problemi di precarietà, di conti da pagare. Disoccupazione, casa, servizi. A volte, qualcuno cerca aiuto anche sui problemi condominiali». È pericolosa questa vicinanza tra istituzione e gente? «A volte sì. Anche se io mi ritengo fortunato perché non ho mai subito aggressioni, nè ho dovuto sostenere colloqui in situazioni di tensione. Ad alcuni miei colleghi in quest’area però è capitato». Si avverte qui, più che in altre zone, la presenza della criminalità grande e piccola? «La particolarità da queste parti è che la presenza criminale è avvertita da tutti, nel senso di insicurezza diffuso. Io per primo accompagno sempre le mie figlie, anche quando vanno a feste a pochi metri da casa. È la inconscia paura quotidiana, fare i conti con una realtà che è fatta di crimine organizzato, presente in un territorio ampio che parte da Secondigliano, ma anche di scippi, rapine, omicidi occasionali». Delle due, è vero che la micro-criminalità oggi fa più paura perché è considerata pericolo quotidiano per tutti? «Probabilmente sì, perché è qualcosa di impalpabile, che potrebbe rendere vittima chiunque. Le forze dell’ordine fanno ciò che possono, ma non possono controllare in modo capillare un’area tanto vasta, come quella periferica a nord di Napoli». Il piano Amato ha dato una mano? «Diciamo che è partito sotto i riflettori della guerra di Scampia, in maniera napolicentrica, per poi accorgersi dell’esistenza della provincia periferica. I sistemi di videosorveglianza, almeno sulle nostre strutture pubbliche, stanno per partire. Ma non possono bastare. Se ci si limita a intervenire dopo le guerre e gli omicidi, non si fa prevenzione. È nelle apparenti fasi di quiete che si deve intervenire per recuperare un tessuto sociale inesistente». Qui è più difficile realizzare lavori pubblici e appalti? «Posso dire con soddisfazione che, a fine mese, dopo tanti anni inaugureremo una caserma dei carabinieri. Abbiamo aperto una biblioteca e un centro sociale, il cantiere del centro sportivo è in fase avanzata». Esistono condizionamenti della camorra? «Io non ne ho avvertiti. Ma voglio essere chiaro. La legge Bassanini stabilisce che i sindaci devono dettare le linee guida, indirizzare gli obiettivi anche nei lavori pubblici. Poi, va avanti la delega ai tecnici e alle strutture burocratiche». Un modo per limitare anche i potenziali pericoli di inchieste giudiziarie? «Diciamo, un filtro necessario in queste zone. Una blindatura. In questo senso, la Bassanini ci è stata di grande aiuto. Anche se certo non credo che la caserma dei carabinieri possa aver fatto piacere ai delinquenti. In queste zone, anche nelle scelte politiche bisogna avere coraggio». Considerate carenti sul vostro territorio i controlli di polizia? «Mi sento di affermare che, facendo un raffronto, a Napoli c’è fin troppa vigilanza. E qui non è lo stesso». Riesce a descrivere in poche parole questa misteriosa periferia a nord di Napoli? «Un misto di disgregazione, emarginazione e degrado che nasce da scelte distorte della politica negli anni». Si spieghi meglio. «Prendiamo Villaricca. Per due terzi oggi è abitata da residenti che vengono da fuori, sradicati che spesso tornano qui solo a dormire di sera. I costi accessibili delle case e la grande edilizia pubblica degli ultimi 25 anni ha creato questa situazione. Il risultato è l’assenza di senso di appartenenza ad una comunità e l’estraneità». Disgregazione sociale che alimenta il crimine? «Certo, in questa situazione la micro-criminalità pesca con facilità. Specie se alle case non si sono abbinate infrastrutture e servizi. Lavorano le 4 parrocchie, le 8 scuole. Ma non bastano. Diciamo chiaramente che negli ultimi anni la politica ha avuto una distorta visione dell’area metropolitana napoletana, tutta appiattita a piazza Plebiscito. Qui siamo a poca distanza da Secondigliano e ci sentiamo trascurati e abbandonati». In che momento si è sentito più solo? «I momenti più difficili da sindaco li ho vissuti nella gestione dell’emergenza discarica. Ho dovuto attenuare una protesta che era spontanea e popolare. Una protesta conseguenza di tanta incompetenza nelle scelte regionali, tutte calate dall’alto. Si sono annunciate le chiusure delle vecchie discariche senza avere già pronte valide alternative. In più, ogni emergenza viene proiettata in prevalenza su quest’area. Lo sversatoio della Campania». È un’accusa, la sua? «Una constatazione. Taverna del Re, sito per le ecoballe, è sul territorio. Lo è uno dei Cdr. Qui ci sono potenzialità turistiche di mare sul litorale di Licola nel Giuglianese, potenzialità storico-archeologiche negli scavi di Liternum. Eppure, ci si palleggia da 20 anni con la meteora informe di Bagnoli. E si trascurano le potenzialità di periferie che diventano solo valvola di sfogo per rifiuti e problemi. Una cecità che crea disagio e disgregazione. Una bomba a orologeria, alimento sociale per il crimine».


GIGI DI FIORE – IL MATTINO 10 OTTOBRE 2007

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