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Accusati di tentato omicidio dopo l’assassinio di Nicholas de Martino, ridotta la pena per gli imputati

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ttenuazione delle pene per Antonio e Giovanni Carfora, Giovanni Amendola e Raffaele Iovine, i quattro giovani condannati, anche in secondo grado, per la vendetta scattata dopo l’uccisione di Nicholas Di Martino, cugino dei Carfora, accoltellato e ucciso, a soli 17 anni, il 25 maggio 2020, a Gragnano, in provincia di Napoli.
La quinta sezione della Corte Appello Napoli (davanti alla quale si è celebrato di nuovo il processo di secondo grado dopo l’annullamento con rinvio deciso dalla Cassazione) ha accolto le istanze del collegio difensivo (composto dagli avvocati Stefano Montone, Raffaele Chiummariello, Francesco De Rosa e Massimo Trigari) ed escluso l’aggravante mafiosa rideterminando le pene per Antonio e Giovanni Carfora in 6 anni e 5 mesi di reclusione, e per Giovanni Amendola e Raffaele Iovine in 5 anni e 6 mesi.
I Carfora vennero condannati in primo grado a 9 anni mentre vennero inflitti a 7 anni e 10 mesi ad Amendola e Iovine.

I quattro, in secondo grado, ebbero uno sconto di pena di soli sei mesi ciascuno.
Di Martino venne ucciso al culmine di un litigio da Maurizio Apicella e da Ciro Di Lauro, entrambi condannati.

A quel grave gesto fece seguito la reazione dei quattro che tentarono di uccidere Salvatore Pio Pennino, un 21enne ritenuto vicino ad Apicella.
Antonio e Giovanni Carfora sono cugini di Nicholas ma anche figli di Nicola Carfora detto “‘o fuoco”, killer che ora sta scontando la pena dell’ergastolo per aver ucciso il 19 novembre 1996 Michele Cavaliere, imprenditore caseario freddato dinanzi al suo negozio per essersi ribellato al pizzo.
Sono imputati nel processo per tentato omicidio scattato per vendetta dopo l’assassinio di Nicholas de Martino, il 17enne accoltellato a morte la notte del 25 maggio 2020 in via Vittorio Veneto a Gragnano, in provincia di Napoli. La Corte di Cassazione aveva accolto il ricorso presentato dai legali degli imputati, tre dei quali cugini della vittima: Giovanni Amendola (difeso dall’avvocato Raffaele Chiummariello), i fratelli Giovanni e Antonio Carfora (difesi dall’avvocato Stefano Montone) e Raffaele Iovine (difeso dall’avvocato Massimo Trigari).  La Suprema Corte aveva annullato le sentenze e disposto un nuovo processo per effetto dell’accogliemnto del ricorso presentato dal collegio difensivo fondato sull’esclusione aggravante mafiosa e sulla negazione delle attenuanti generiche.

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Secondo quanto emerso dalle indagini, poche ore dopo la morte di Nicholas colpito al cuore con una coltellata (per questo omicidio, e per il tentato omicidio del cugino Carlo Langelotti che era con lui sono stati condannati in primo grado a 18 anni di carcere Maurizio Apicella e 10 anni Ciro Di Lauro) i quattro organizzarono un agguato ritorsivo a colpi di pistola, in pieno centro a Gragnano, contro un amico di Apicella, all’epoca ventenne, che rimase ferito a una mano.
Gli inquirenti misero subito in relazione la morte di Di Martino con il successivo l’agguato. Nicholas era figlio di Maria Carfora, sorella del boss ergastolano Nicola Carfora detto “‘o fuoco”.

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Redazione Internapoli
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