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venerdì, Marzo 29, 2024
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Clan Mallardo, finisce in carcere Antonio Tesone ‘o bastardo: è accusato di omicidio

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Finisce dietro le sbarre Antonio Tesone, detto ‘o bastardo, esponente del clan Mallardo. Tesone, già ai domiciliari per una rapina a Parma, era indagato a piede libero nell’ambito dell’inchiesta della DDA sull’omicidio di Aldo Autuori. Nei suoi confronti è stata spiccata un’altra ordinanza, che prevede questa volta la custodia in carcere, eseguita dai carabinieri di Battipaglia ed ora è rinchiuso nel carcere di Fuorni, in provincia di Salerno. Nei prossimi giorni, assistito dall’avvocato Michele Giametta, sarà interrogato dal Gip.

Insieme a lui era indagato a piede libero anche Gennaro Trambarulo, verso il quale al momento non è stata emessa nessuna misura cautelare. Il prossimo 23 maggio si terrà il Riesame per coloro che sono finiti nella prima ordinanza.

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Le indagini

I Carabinieri della Compagnia di Battipaglia hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del Tribunale di Salerno, su richiesta di questa Procura Distrettuale Antimafia, nei confronti di cinque indagati: Mogavero Francesco (classe 79), Bisogni Enrico (classe 68), Di Martino Luigi, detto “il profeta” (classe 61), Mallardo Francesco (classe 51) e Cecere Stefano (classe 72).

I primi quatto già erano detenuti per altro; il quinto, unico libero, era di fatto irreperibile fino al suo rintraccio e arresto, che ha richiesto un particolare e costante impegno della PG delegata all’esecuzione.

I cinque sono indagati per l’omicidio di Aldo Autuori, aggravato dal metodo e dalle finalità mafiose, eseguito a Pontecagnano Faiano la sera del 25.08.2015.
Le indagini, coordinate dalla DDA di Salerno, hanno permesso di individuare nel MOGAVERO Francesco e nel BISOGNI Enrico i mandanti dell’omicidio e nei restanti tre gli organizzatori dell’agguato mortale. Più precisamente, questi i ruoli: MOGAVERO Francesco e BISOGNI Enrico, ai vertici del clan Pecoraro-Renna, operante nella Piana del Sele, quali soggetti mandanti che avevano decretato la morte di Aldo AUTUORI perché quest’ultimo, una volta uscito dal carcere, nell’anno 2015, allestiva una serie di attività ritenute di intralcio al predominio, sul territorio, del predetto clan.

Il Mogavero ed il Bisogni, in considerazione dei vecchi rapporti che legavano il clan Pecoraro-Renna al clan Cesarano, operante in Castellammare di Stabia, si rivolgevano a DI MARTINO Luigi, detto “O Profeta” , elemento apicale del citato clan, per chiedere la collaborazione per l’esecuzione materiale dell’ omicidio; – DI MARTINO Luigi, quale intermediario tra i mandanti e gli esecutori materiali, in quanto a sua volta si rivolgeva a MALLARDO Francesco, capo indiscusso dell’omonimo clan, operante nella zona di Giugliano in Campania, che dava incarico per l’esecuzione materiale a TESONE Antonio, alias “uomo della masseria”, e TRAMBARULO Gennaro, nei confronti dei quali però il Gip, non ritenendo il quadro gravemente indiziario, ha rigettato la richiesta misura cautelare (avverso tale parte dell’ordinanza questa Procura Distrettuale ha proposto gravame; – MALLARDO Francesco, reggente dell’omonimo clan, all’epoca dei fatti sottoposto al regime della libertà vigilata nel Comune di Sulmona, dopo essere stato più volte contattato e raggiunto presso quel centro da DI MARTINO Luigi, forniva a quest’ultimo la disponibilità dei suoi uomini per l’esecuzione di tale delitto; CECERE Stefano, stretto collaboratore di MALLARDO Francesco, faceva da tramite con DI MARTINO Luigi.

Il delitto Autuori

Erano le 20.30 del 25 agosto 2015 quando Aldo Autuori, un piccolo boss che stava provando a mettersi in proprio, venne affrontato dai sicari a Pontecagnano. I primi due colpi di una calibro 9 non lo uccisero; sanguinante, tentò di scappare rifugiandosi in un vicolo, ma i due sicari, con casco integrale in sella a uno scooter, lo raggiunsero e lo finirono esplodendo altri due proiettili. Morì così Aldo Autuori, nei pressi di un bar in piazza a Pontecagnano Faiano, nel Salernitano. Ieri, dopo quasi quattro anni di indagini affidate ai carabinieri della Compagnia di Battipaglia, la Direzione distrettuale antimafia di Salerno, nonostante l’arma non sia stata mai trovata, ha chiuso il cerchio e ha chiesto e ottenuto dal gip un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per cinque persone, di cui quattro già detenute per altro. Nell’inchiesta, risultano indagate altre due persone che, per i pm titolari del fascicolo Marco Colamonici e Rocco Alfano, sarebbero i due esecutori materiali del delitto, per i quali, però, il giudice per le indagini preliminari ha rigettato la richiesta di misura e la procura ha già presentato ricorso al Riesame.

Il movente

Il delitto metterebbe in luce una collaborazione tra diversi clan campani, tanto che è stata necessaria una sinergia tra la procura antimafia salernitana e quella napoletana. La ricostruzione della Dda descrive come mandanti dell’omicidio Francesco Mogavero ed Enrico Bisogni, due elementi di spicco del clan Pecoraro-Renna operante nella Piana a Sud di Salerno. I due si sarebbero rivolti a Luigi di Martino, detto ‘o profeta, affiliato al clan Cesarano di Castellammare di Stabia, chiedendogli una “collaborazione” per l’esecuzione materiale dell’omicidio. Di Martino, a sua volta, avrebbe fatto da intermediario tra i mandanti e gli esecutori materiali del delitto rivolgendosi a Francesco Mallardo, capo indiscusso dell’omonimo clan di Giugliano in Campania, il quale avrebbe, poi, dato incarico di uccidere Autuori ad Antonio Tesone, alias ‘uomo della masseria’, e a Gennaro Trambarulo. Le risultanze investigative hanno svelato come Francesco Mallardo, che all’epoca dei fatti era sottoposto al regime della libertà vigilata a Sulmona, sarebbe stato, più volte, contattato e raggiunto in Abruzzo da Luigi Di Martino, al quale avrebbe fornito la disponibilità dei suoi uomini a compiere il delitto. In questo contesto, si inserisce la figura di Stefano Cecere, stretto collaboratore Di Mallardo, che avrebbe fatto da trait d’union con Luigi Di Martino. Cecere e’ stato il primo ad essere arrestato a Giugliano in Campania, tra ieri sera e stamattina, perchè risultava irreperibile e i militari dell’Arma hanno scoperto che aveva in uso una scheda telefonica intestata ad una persona deceduta. Dalle investigazioni, è emerso, per il procuratore capo facente funzioni Di Salerno, Luca Masini, “il forte legame tra Francesco Mogavero ed Enrico Bisogni con Luigi Di Martino del clan Cesarano, tanto da consentire ai primi di chiedere l’aiuto al secondo per eseguire l’omicidio”.

Torna in cella Antonio Tesone, meglio noto come «Antonio o’ bastard», elemento di spicco del clan Mallardo di Giugliano. Tesone, arrestato lo scorso anno su ordine della Procura della Repubblica di La Spezia, essendo stato riconosciuto responsabile di alcune rapine avvenute in Liguria, era stato poi scarcerato usufruendo dei benefici del cosiddetto «indultino». Si era, però, immediatamente sottratto agli obblighi cui era sottoposto, dandosi alla latitanza.
I carabinieri della compagnia di Giugliano, diretti dal capitano Gianluca Trombetti, lo hanno sorpreso l’altra mattina in un’abitazione in Via Barracano, alla periferia della città. Per poter entrare nella casa, i militari hanno dovuto sfondare la porta. Solo allora, Tesone si è consegnato loro. Al momento dell’arresto, aveva con sé una serie di microtelecamere per la videosorvegianza agli infrarossi, parrucche, barbe e baffi finti, e cinque telefoni cellulari «puliti».
Per i carabinieri stava probabilmente preparando un nuovo colpo. Tesone è ritenuto un «mago» delle casseforti. Una solida carriera criminale alle spalle, cominciata quando era ancora minorenne. Il pregiudicato ha precedenti che vanno dalla rapina, al traffico di stupefacenti. Per gli investigatori negli ultimi anni avrebbe fatto «carriera», fino a giungere ai vertici del clan Mallardo, una cosca che detta legge nella zona.
Qualche hanno fa, romase vittima di un agguato mentre era in auto con la figlia di due anni e, benché ferito alla testa ed al collo da alcune scariche di pallettoni, riuscì a sfuggire ai sicari. Gli investigatori sospettano che mandante di quel tentato omicidio fosse l’ex pentito di camorra Sabatino Martino, che stava tentando di organizzare un proprio clan in contrapposizione ai Mallardo e che rimase a sua volta vittima di un agguato qualche mese dopo.
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