Resta incinta ma non vuole il figlio, prima si rivolge al ginecologo per abortire ma dopo il rifiuto porta avanti la gravidanza e decide di vendere il figlio. La singolare storia, riportata da La Repubblica, è avvenuta in Campania. Il prezzo stabilito è 30mila euro. Il ginecologo si mette d’accordo con l’uomo anche per modificare il certificato di nascita, ma il documento viene inviato all’Ufficiale di Stato Civile prima di poter essere falsificato. I due però non si danno per vinti e mettono in piedi un secondo piano: l’accordo iniziale viene diminuito a 20.500 euro e il medico chiede e ottiene altri 5mila euro per consegnare, anche senza certificato, il neonato alla coppia. La partoriente, ignara del passaggio di denaro e desiderosa solo di liberarsi del bambino consegna, subito dopo il parto, la sfortunata creatura alla coppia.
Ma a tre mesi dal parto la madre biologica scopre che il bambino è stato inserito nel proprio stato di famiglia, come conseguenza del certificato inviato e non falsificato: presa probabilmente dal panico, denuncia l’accordo illecito e si inventa che il figlio fosse frutto di una violenza sessuale. Cominciano così le indagini e gli inquirenti ricostruiscono la falsa denuncia, l’accordo illecito, il tentativo di falsificazione e, soprattutto, la compravendita del piccolo. L’uomo e la madre biologica vengono condannati: il primo per aver corrotto il medico (di cui non si conosce ancora la sorte processuale e professionale), la seconda per aver denunciato una violenza sessuale inesistente ed entrambi per aver dato un bambino a terzi in affidamento propedeutico all’adozione, in violazione delle norme di legge.
Nessuna conseguenza per la donna che avrebbe voluto essere madre, in quanto non è stata considerata parte dell’accordo corruttivo.
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