Nella ricostruzione del disastro del ponte Morandi è spuntato anche la storia di un camion contenente circa 900 kg di hashish. La vicenda emerge da un’intercettazione ambientale del marzo 2020 registrata dai carabinieri del Ros di Reggio Calabria nell’ambito di un’indagine antimafia che ha portato ieri all’arresto di 48 persone.
Come riporta il Corriere della Sera la rivelazione è stata fatta da uno dei boss del clan Bellocco di Rosarno, Francesco Benito Palaia, 49 anni, pregiudicato di ‘ndrangheta con precedenti soprattutto per stupefacenti, che da ieri in carcere. Palaia parlava con affiliato della stessa cosca, Rosario Caminiti, uomo di fiducia della famiglia Bellocco.
IL CARICO VERSO SECONDIGLIANO
“Nel discutere dei futuri traffici di stupefacente Palaia faceva riferimento a un cargo frigo imbottito di hashish e rimasto coinvolto nel triste evento del crollo del ponte Morandi. Una partita destinata a dei malavitosi campani”, scrive il gip Vincenza Bellini nell’ordinanza che ha portato alle misure cautelari.
Secondo il magistrato i narcos di Secondigliano e Scampia, avevano ingaggiato Palaia per tentare di recuperare il cargo dove era nascosto il carico di droga. E ciò nonostante in quel periodo lui fosse agli arresti domiciliari. “Ma poteva essere utile grazie alle sue aderenze nel settore del recupero dei rottami… Avrebbe potuto individuare e trasportare la carcassa del mezzo in Calabria. L’accordo prevedeva una spartizione della sostanza stupefacente al 50%“. A Secondigliano qualcuno avrebbe tentato di metterci le mani, pensando che i destinatari della partita l’avessero data per persa.
“Glieli voglio fottere”
“Allora, quando è crollato il ponte Morandi, se tu vai al primo video, è caduto un furgone — dice Palaia —. È un euro cargo giallo, lo vedi benissimo perché è giallo, con una cella frigorifera, piccolino! Il piccolino! È caduto paru (orizzontale, ndr)… Come è caduto il ponte si è seduto, automaticamente gli è caduta una macchina di sopra…”.
“E’ caduto un furgone”
Caminiti: “È caduto un furgone, lo so, lo so. Raccontava che voleva andarselo a prendere”.
Palaia: “Insomma, dice che i neri lo sanno che si è perso… noi stiamo ancora comprando da loro. Io questi 900 chili glieli voglio fottere, dice, e tu hai la possibilità di prendertelo tutto… Gli ho chiesto in che senso. Io posso fare una cosa, gli ho detto, facciamo 50 e 50, io lo vendo e il 50% de lo prendi tu, tanto tu non l’hai pagato”.
“Gli hanno detto che l’avevano confiscato … ma ora lo hanno spostato da Latina a Frosinone e c’è la possibilità di andarlo a prendere. Ci vuole un carrellone e lo porto direttamente in Calabria…”.
Il trasporto
Palaia, dai domiciliari, si organizza. “C’è un amico mio là, ai Castelli Romani, ha un carrellone con la buca”. Dovevano cercare di preservare la cella frigorifera, uscita malconcia dal disastro, e il carrellone con la buca poteva essere una soluzione. “La paura qual è? Siccome è deformata la cella, va bene?”.
“Che non si apra durante il trasporto”. “Hai capito! Se si aprono le pareti…”. “Ti sei giocato tutto e ti hanno arrestato”. “Ora gli mandiamo le fotografie, mi ha detto che va fasciato e la cella deve stare chiusa… Ogni 200 chilometri, 250… si ferma uno e fa i cricchetti un’altra volta… Poi mi ha detto: senti, parliamoci chiaro quanto ti devo dare per questo trasporto? Non meno di quattromila euro più iva”.