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giovedì, Aprile 25, 2024
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C’è un altro latitante tra i possibili successori di Messina Denaro

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Matteo Messina Denaro avrebbe scelto il suo successore, nonostante, non fosse il capo di Cosa Nostra bensì un autorevole boss della provincia siciliana. Al vertice della mafia ambiscono diversi criminali: uno su tutti Giovanni Motisi, palermitano 64enne detto U Pacchiuni, considerato tra i superlatitanti siciliani più pericolosi al mondo. Si tratta del reggente del mandamento Pagliarelli e sfugge alle manette dal 1998. L’uomo sarebbe stato un killer di fiducia di Totò Riina, salvo avvicinarsi poi all’ala guidata da Bernardo Provenzano.

Il 18 marzo 1998 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali. Giovanni Motisi, nato il primo gennaio 1959 a Palermo, ricercato dal 1998 per omicidi, dal 2001 per associazione di tipo mafioso ed altro, dal 2002 per strage ed altro; deve scontare la pena dell’ergastolo. Il 10 dicembre 1999 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.

GLI ALTRI NOMI

Un altro è di Michele Greco, nipote e omonimo del boss soprannominato il Papa. C’è anche Stefano Fidanzati, il 70enne appartiene a una delle famiglie siciliane più attive nel narcotraffico. Il suo impero lega Palermo a Milano. Una rete di contatti potenzialmente interessante agli occhi di una mafia che cerca di radicarsi sempre più nel territorio.

“Cosa nostra tende a ricostruire i suoi vertici. Adesso dovrà sostituire Matteo Messina Denaro come punto di riferimento per i grandi affari. C’è già chi è pronto a prendere il suo posto”. L’ultimo stragista è finito in carcere, ma il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, avverte dalle colonne de La Repubblica: “Se qualcuno pensa che la partita contro la mafia sia vinta, si sbaglia di grosso.

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“Messina Denaro non è stato mai il capo di Cosa Nostra”, le parole del capo del Ros

Gli arresti e i decessi di Totò Riina e di Bernardo Provenzano hanno determinato un netto cambiamento di Cosa Nostra, infatti, l’organizzazione non ha più un Capo dei Capi. Il ruolo di Matteo Messina Denaro è stato descritto dl comandante del Ros, Pasquale Angelosanto, all’Ansa: “Con l’arresto di Riina e Provenzano qualcuno ha pensato che l’eredità fosse stata presa da lui. Ma Messina Denaro non è stato mai il capo di Cosa nostra: è stato ed è il capo della provincia trapanese di Cosa nostra – precisa -. Ce l’ha saldamente nelle mani”, ma “al tempo stesso possiamo anche dire che c’è in sofferenza anche all’interno dei mandamenti trapanesi”.  

” La mafia non è sconfitta e la partita non è finita, ma questo è un passaggio importante vista la gioia della gente. Lui ha goduto di protezioni in passato e su questo abbiamo indagato. C’è un fetta di borghesia mafiosa che ha aiutato la latitanza. Il capo di Cosa Nostra deve essere palermitano: ha avuto un ruolo di garanzie negli affari“, disse Maurizio De Lucia, procuratore capo di Palermo, nella conferenza stampa convocata dopo l’arresto di Messina Denaro

COSA NOSTRA SENZA ‘COMANDO’

Cosa Nostra si conferma organizzazione tendenzialmente unitaria sempre più tesa alla ricerca di una maggiore interazione tra le varie articolazioni mandamentali in mancanza di una struttura di raccordo di comando al vertice. In tale ottica e considerata la costante inoperatività della commissione provinciale di Palermo, la direzione e l’elaborazione delle linee d’azione operative risultano esercitate perlopiù da anziani uomini d’onore detenuti o da poco tornati in libertà.

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