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Arrestato capoclan pentito: era stato condannato all’ergastolo

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I Carabinieri della Compagnia di Maddaloni hanno dato esecuzione a un decreto di fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di due soggetti, un uomo e una donna, esponenti apicali della consorteria camorristica nota come “Clan Massaro”, ritenuti responsabili, in concorso tra loro, di estorsione e tentata estorsione aggravate dal metodo mafioso.

La misura disposta in via d’urgenza è stata valutata positivamente dal Gip presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere competente per la convalida che ha emesso a
carico di entrambi gli indagati riscontrandone i gravi indizi di colpevolezza, apposita
ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Le meticolose indagini sviluppate dai militari dell’Arma, coordinate dalla D.D.A.
partenopea, hanno permesso di ricostruire le responsabilità penali a carico della coppia. Si tratta di Clemente Massaro, 70 anni, soprannominato ‘O Pecuraro, e della compagna Antonietta Sgambati, 64 anni, entrambi residenti a San Felice a Cancello.  Massaro, un tempo a capo dell’omonimo clan, era stato condannato in via definitiva all’ergastolo prima di iniziare a collaborare con la giustizia. Massaro era in detenzione domiciliare con permesso di uscire dalla sua abitazione e della sua compagna 64enne.

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In particolare, grazie alle investigazioni, condotte affiancando metodi di indagine
tradizionali quali i servizi di osservazione controllo e pedinamento, alle attività di analisi
dei sistemi di videosorveglianza pubblici e privati e all’escussione di alcuni testimoni, i
militari dell’Arma hanno ricostruito un episodio estorsivo di diverse migliaia di euro,
consumato dai destinatari del provvedimento in il 21 febbraio 2025 in danno del titolare di
un’impresa edile, impegnata nei lavori di realizzazione di un campus scolastico nel comune
di Santa Maria a Vico. A seguito di tale evento la stessa coppia avrebbe rivendicato in data
14 aprile 2025, una ulteriore richiesta estorsiva a saldo, questa volta non riscossa, ammontante al 3% dell’appalto dell’intera opera avente valore di circa 4 milioni di euro.
I provvedimenti cautelari eseguiti sono misure disposte in sede di indagini preliminari,
avverso le quali sono ammessi mezzi di impugnazione e i destinatari delle stesse sono
persone sottoposte alle indagini e, quindi, presunti innocenti fino a sentenza definitiva.

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