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“Colpii 2 detenuti e difeso altri”, parla l’ispettore del carcere di Santa Maria C.V.

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E’ l’ora degli imputati di peso al processo per le violenze ai danni di detenuti avvenute nel carcere di Santa Maria Capua Vetere nell’aprile 2020. Salvatore Mezzarano, allora ispettore al Reparto Nilo dove avvennero i pestaggi, finito in carcere per oltre 4 mesi per tali fatti, tanto che è il suo cognome a dare il titolo al maxiprocesso che vede imputati in 105 tra agenti penitenziari, funzionari del Dap e medici del carcere. “Ho visto frizioni, anche degenerazioni, e una confusione totale, cercando di intervenire dove ho avuto la chiara percezione che un detenuto stesse soccombendo“, ha detto l’ispettore.

Indicato subito dopo i fatti da parecchi detenuti vittime come uno di quelli che avrebbe usato la mano pesante, nel corso del dibattimento è emersa più di una circostanza, raccontata peraltro dagli stessi reclusi, in cui Mezzarano avrebbe invece aiutato le vittime, frapponendosi tra loro e gli agenti che picchiavano con i manganelli.

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Le risposte al pm

In aula Mezzarano, rispondendo al pm Alessandro Milita (con lui, attuale procuratore aggiunto a Napoli, c’erano i sostituti della Procura sammaritana Alessandra Pinto e Daniela Pannone), ha spiegato, confermando quando già raccontato agli inquirenti durante le indagini preliminari, di aver “colpito sul gluteo un detenuto, mentre per un secondo detenuto ho sbattuto il manganello a terra vicino ai suoi piedi. Mi scuso per ciò che ho fatto, anche con lei dottore, ma erano gesti dissuasivi, che ho fatto anche per una cattiva percezione della situazione. Ma ho difeso decine di persone, posso giurarglielo, i miei gesti non erano tesi a fare male“.

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