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mercoledì, Aprile 24, 2024
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Droga a Scampia, arrestato il figlio del ras Scognamiglio

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Dovranno affrontare il processo per direttissima Antonio Scognamiglio e Salvatore Pesacane, i due giovani arrestati ieri dai carabinieri di Scampia con l’accusa di droga. Scognamiglio è figlio di Pasquale e fratello di Giovanni, i due ras arrestati qualche settimana fa con l’accusa di aver tentato un’estorsione al titolare di una caffetteria di via Roma verso Scampia (leggi qui l’articolo).

L’articolo precedente: l’estorsione al bar di Scampia

Una vera e propria vessazione. Quella subita dal titolare del bar  ‘Caffè Europa’ di via Roma verso Scampia ad opera degli Scognamiglio (Pasquale e Giovanni), padre e figlio, raggiunti da ordinanza di custodia cautelare in carcere insieme a Giuseppe Romano mentre erano stati già arrestati Salvatore Ronga e Luca Isaia. I membri del gruppo, in diverse occasioni, avrebbero preteso dal titolare della caffetteria la consegna di 125mila euro, suddivise in rate da 5mila euro mensili, somma derivante da un prestito usuraio che l’uomo aveva contratto con Romano (leggi l’articolo di Internapoli). Quest’ultimo avrebbe iniziato a perseguitare l’uomo millantando conoscenze tra il gruppo di ‘abbasc Miano’ ed evidenziando in più occasioni il ridimensionamento dei Cifrone. Dalla lettura del provvedimento emerge però il ruolo apicale degli Scognamiglio e in particolare quello di Pasquale.

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Il ruolo di Pasquale Scognamiglio

Il ras di Marianella il 2 agosto, accompagnato da un giovane poi identificato in Ronga, a bordo di una motocicletta Africa Twin, si reca nel bar e dopo aver rimproverato l’uomo gli dice di aver commesso “un fallo” perché si era rivolto ai Cifrone per “accomodare” il debito, con fare minaccioso e perentorio, intimandogli così la consegna immediata, il giorno successivo o al massimo entro le ore 13 del sabato, della somma di 5mila euro, affermando testualmente che altrimenti sarebbero stati costretti “a comportarsi male”. Scognamiglio in seguito aggiunge che l’uomo avrebbe dovuto pagare oltre ai 125mila euro del debito, anche gli interessi non versati per circa un anno e mezzo e che avrebbe mandato un “suo giovane”, che indicava nel suo accompagnatore, a riscuotere il denaro.

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