Avrebbero dovuto portare il fratello del ras Francesco Audino al cospetto del reggente del clan, Fabio Riccardi, per porre fine alle aggressioni in carcere ai danni di Salvatore De Martino. Eppure nonostante la pesante accusa di sequestro di persona aggravata dalla finalità mafiosa i ras Alessio La Volla e Romualdo Amitrano se la sono cavata con tre e quattro anni di reclusione. Il gup del tribunale di Napoli all’esito del processo di primo grado svoltosi con il rito abbreviato ha condannato i due giovani, espressione del ‘nuovo corso’ dei De Micco-De Martino nonostante per loro il pubblico ministero avesse chiesto la pena di sette anni e sei mesi. Decisive si sono dimostrate le argomentazioni dei loro difensori, i penalisti Dario Carmine Procentese e Luca Gili, riusciti a ridimensionare il quadro accusatorio per i loro assistiti.
”Volevano che portassi qualche imbasciata alla famiglia mia. Se li potevo aiutare ma non tengo nemmeno modo di parlare perché non vado a colloquio”. Questo uno stralcio della conversazione tra il fratello del ras dei De Luca Bossa Francesco Audino, e un maresciallo della tenenza di Cercola che lo invitò a rivelare i nomi di chi lo aveva sequestrato. Un rapimento lampo dopo un pestaggio avvenuto in carcere con protagonisti esponenti degli stessi De Luca Bossa che avrebbero duramente malmenato Salvatore De Martino, reggente degli XX (alleati con i De Micco). I ‘Bodo’ organizzarono così la loro vendetta che era anche un tentativo di mediazione. I fatti avvennero ad agosto scorso ma già il giorno dopo i carabinieri della Tenenza di Cercola scoprirono l’accaduto nonostante la vittima del sequestro di persona non avesse fatto denunciato il fatto per timore di ritorsioni contro il figlio. L’uomo spaventato non rivelò i nomi dei sequestratori nemmeno quando il maresciallo della tenenza di Cercola lo invitò a raccontargli cosa fosse accaduto:”Io li conosco tutti quanti…chi sono… uno due e tre… non posso dire niente. Ma i video ci stanno. Io non posso dire niente, ho sempre lavorato, non ho mai fatto niente”. Nonostante le richieste del militare Audino fu irremovibile:”Ma che vuole da me questo procuratore… per me può chiamarmi pure altre 50- 60 volte, io dico sempre la stessa versione”


