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giovedì, Maggio 2, 2024
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Guerra interna agli Scissionisti, cancellato l’ergastolo per Francesco Paolo Russo

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Inchiesta in frantumi e nuovo processo d’appello. Questa la decisione presa dalla Cassazione (I sezione penale) per Francesco Paolo Russo alias ‘Cicciariello’, esponente di punta degli Amato-Pagano. Il processo è quello relativo agli omicidi di Antonio Ruggiero (il cui corpo non è mai stato ritrovato) e Andrea Castiello, delitti effettuati dopo l’arresto di Mariano Riccio quando si aprì la ‘caccia all’uomo’ nei confronti dei fedelissimi de l’ex reggente. La Suprema Corte ha accolto in pieno le argomentazioni del difensore di Russo, l’avvocato Claudio Davino, che ha letteralmente smontato le accuse contro Russo avanzate da numerosi collaboratori di giustizia dimostrando contraddizioni circa le dichiarazioni che evidenziavano un coinvolgimento del suo assistito per quei fatti. E così la Suprema Corte ha cancellato l’ergastolo rimediato in primo grado da Russo disponendo un nuovo processo. Era l’epoca della faida che oppose la fazione di Riccio, di stanza a Marano, a quella legata invece all’ala melitese del gruppo. In primo grado la terza sezione della Corte d’assise di Napoli aveva condannato all’ergastolo sia Russo che Dario Amirante mentre Renato Napoleoneaveva ottenuto una clamorosa assoluzione (leggi qui l’articolo). La Procura aveva poi chiesto la conferma dell’ergastolo per Russo e Amirante.

La guerra interna agli Scissionisti: melitesi contro maranesi

Una guerra scatenatasi all’indomani della cattura di Mariano Riccio, sino a quel momento capo del clan. La difficile legittimazione del suo potere, atteso il sospetto di un forte nepotismo da parte di Cesare Pagano nella scelta del genero come capo, aveva spinto Riccio a far assumere ruoli di sempre maggiore importanza ai suoi fedelissimi, denominati “maranesi”, a scapito della vecchia guardia (gli affiliati denominati i “melitesi”), i quali hanno covato la rivincita e le mire di riconquista delle posizioni di vertice, obiettivi che ineluttabilmente dovevano condurre all’epurazione dei “maranesi” ed all’eliminazione fisica dei sodali più vicini al Riccio. Il movente di entrambi gli omicidi maturò nel contesto dello scontro strisciante tra le due fazioni (trasformatosi poi in faida interna), le cui ragioni di fondo sono rappresentate dalla contrapposizione tra i nuovi ed i vecchi affiliati. La caccia all’uomo si aprì immediatamente all’indomani dell’arresto di Riccio, con incursioni armate, azioni violente in pieno giorno nel centro di Melito e di Mugnano, unitamente all’organizzazione di vere e proprie trappole tese a tradimento in cui sono cadute le vittime degli omicidi ricostruiti nell’ordinanza cautelare.

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Le dichiarazioni del pentito Caiazza sulla guerra interna al gruppo di Melito

Il 29 luglio del 2016 il pentito Michele Caiazza raccontò ai pm antimafia ciò che sapeva del delitto: «Antonio Ruggiero ucciso da Francesco Paolo Russo, Angelo Gambino, Francesco Tubelli, Dario e Claudio Amirante. Ruggiero attirato in una trappola facendolo andare in un posto che non conosco, il corpo buttato non so dove». «Tubelli», ha messo a verbale il pentito, «mi ha detto di aver visto Ruggiero morto. Ma dopo l’omicidio si è impressionato che i suoi complici volessero ucciderlo, per cui è venuto da me, mio fratello Paolo e mio zio Pietro per chiedere aiuto. Ciò che temevano i suoi complici è che lui raccontasse del posto in cui avevano nascosto il corpo. Francesco Tubelli ci raccontò di essersi impressionato perché durante un incontro con loro, gli avevano fatto trovare un cappio di corda. Poi Tubelli ci disse che si sarebbe fatto arrestare con una pistola addosso».

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