«Bisognava che a questa donna innamorata e divorata da un’ansia atavica succedesse qualcosa di molto forte. Un evento importante che cambiasse il tessuto delle sue giornate e dei suoi pensieri. All’inizio pensavo a un incidente, poi mentre scrivevo mi sono ammalata. “Nessuno è più di buon umore di un ansioso, di un depresso o di uno scrittore quando gli succede qualcosa di grosso”, ho scritto nell’aletta del libro. Qualunque cosa accada a uno scrittore, anche la più faticosa, lo troverà ad accoglierla con gli occhi illuminati perché attraversare un’esperienza forte è materiale per una storia. Prendere elementi dalla vita reale per la storia che stavo scrivendo è stato naturale».
Così Daria Bignardi, in un’intervista pubblicata da Vanity Fair nel numero in edicola da oggi mercoledì 14 febbraio, racconta («È la prima volta e anche l’ultima, spero») la genesi del personaggio di Lea Vincre, protagonista del suo nuovo romanzo Storia della mia ansia (in libreria dal 20 febbraio) che «non è un libro sulla malattia e non è un libro sul tumore, è una storia d’amore, e sul rapporto tra l’amore e l’ansia. Il cancro è soltanto un evento che lo attraversa».