Era il 26 novembre del 2010 quando la 13enne Yara Gambirasio scompare nel nulla. Il suo corpo verrà ritrovato il 26 febbraio 2011 e da quel giorno avrà inizio l’agonizzante ricerca del colpevole. Un caso difficile che è stato ricostruito nella serie in uscita oggi su Netflix: “Il caso Yara: Oltre ogni ragionevole dubbio“.
Il caso Yara – 26 novembre 2010
Yara era la seconda dei quattro figli di papà Fulvio Gambirasio e mamma Maura Panarese, una tranquilla famiglia di Brembate Sopra, Bergamo. Yara era un’appassionata di ginnastica, aveva infatti ottenuto svariati riconoscimenti, anche regionali. I genitori ne parlano con malinconia come “il sale” della famiglia, capace di relazionarsi e giocare sia con i fratelli più piccoli che con la sorella maggiore.
Quella sera del 26 novembre Yara era andata in palestra, come spesso accadeva, questa volta però non ne farà più ritorno. Dopo svariate ore la preoccupazione dei genitori aumenta, non era infatti un comportamento solito per Yara non avvisare un ritardo. Parte la denuncia ai carabinieri ed i controlli al telefono, ma il corpo verrà ritrovato solo tre mesi dopo, a dieci kilometri dalla sua cittadina.
Il 16 giugno 2014 viene arrestato Massimo Giuseppe Bossetti, 44 anni, muratore di Mapello incensurato, il cui DNA nucleare è risultato sovrapponibile con quello dell’uomo definito “Ignoto 1”, rilevato sul lembo tagliato degli slip di Yara e sui leggings, ritenuto dall’accusa l’unico riconducibile all’assassino. Bossetti, tutt’ora in carcere, si è sempre definito innocente.
La serie Netflix – “Oltre ogni ragionevole dubbio“
La serie Netflix sul caso Yara riapre le porte ad uno dei casi con più rilevanza mediatica in Italia: per le difficoltà risolutive, per la giovane età della vittima e per la violenza con la quale fu compiuto.
All’interno della serie Netflix ci sono svariate testimonianze tra cui proprio quella di Bosseti che dal carcere ha accettato di “partecipare” alla docuserie. Proprio sulla sua partecipazione ha parlato il suo legale.
“Abbiamo ricevuto una richiesta da parte della produzione e abbiamo analizzato quale era il progetto, perché è sempre stato mio intendimento che Massimo potesse parlare e far sentire la propria voce, raccontare le proprie sensazioni ed emozioni, quello che ha vissuto, nell’ambito di un progetto il più oggettivo possibile“.
“Una volta avute rassicurazioni su questo, abbiamo preso in considerazione la possibilità che Massimo si potesse esprimere e parlare all’interno di questo progetto. Sono state chieste le autorizzazioni, per le quali c’è voluto molto tempo. Incredibilmente, all’inizio c’è stato anche un grande ostruzionismo a che Massimo potesse parlare. Ma poi è stato superato, meno male, quindi adesso il prodotto è completo. Ora non ci resta che guardarlo” continua il legale.
“Io non l’ho visto, solo qualche spezzone, ma non so come sia venuto. Si tratta di un prodotto interessante che può tenere accesi i riflettori su un caso molto controverso” conclude l’avvocato.