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sabato, Aprile 20, 2024
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Il figlio muore per un tumore, il padre veglia la sua tomba per oltre 400 giorni

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“Una piccola sedia rossa, un bastone, un padre, un figlio”. La piccola sedia rossa quasi sparisce sotto il braccio di Cesare. E’ di legno, era del suo Flori. Gliel’aveva regalata quando era piccolo e adesso è il papà ad usarla, in un innaturale viaggio dove è il genitore ad andare sulla tomba del figlio. Tutti i giorni, da 13 mesi, due volte al giorno per tre ore di mattina e tre di pomeriggio, da quando cioè Florindo se ne è andato per un tumore al cervello. Il bastone per camminare è il crudele contraltare alla sedia di un bimbo ed è lì per facilitare quei passi ormai pesanti fino alla tomba di un uomo di 51 anni ancora e per sempre così figlio per questo padre che ne ha compiuti 82.

Adesso Cesare è conosciuto da tutti

Ormai Cesare lo conoscono tutti al cimitero veneto di Serego, un paesino del vicentino che conta 6.500 anime. Lo chiamano il ‘guardiano’. E lui si ferma a parlare con tutti: con le vedove che preparano i fiori per i loro mariti, con i ragazzi che hanno perso la mamma o il papà, con chi lascia un fiore a un fratello che non c’è più. Tutti lo salutano. Ma poi il tempo si ferma e la ritualità che è così capace di rassicurare ha inizio. Arrivato alla tomba del figlio, Cesare sistema la piccola sedia, costruita per il peso di un bambino e non certo per quello di quest’uomo che non si rassegna. Eppure, come se anche lei sapesse, si prepara ad accogliere il riposo di un padre senza rompersi, e a consentirgli di parlare ancora con suo figlio, pur senza ricevere mai più risposta.

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I fiori portati a Florindo sono sempre freschi, e lui sorride per sempre, quasi di spalle, su una foto in cui è vestito di bianco. Cesare lo saluta, lo accarezza con lo sguardo e con le mani lucida la foto, gli parla, ricorda tanta vita insieme, la sua bontà. Un dialogo spesso silenzioso che si conclude con un sospiro e un arrivederci al giorno dopo.

La sedia rossa sotto un braccio, il bastone dall’altra. Come due volte al giorno da quattrocento giorni. E la speranza, rimandata solo a domani, che da quella foto possa arrivare una risposta, anche solo “ciao papà”.

 

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Alessandro Pirozzi
Alessandro Pirozzi
Mi presento: mi chiamo Alessandro Pirozzi, sono nato a Napoli ed ho 23 anni. Sono iscritto all'albo dei giornalisti dal 2019 ed amo profondamente la comunicazione, specie quella digitale. Dopo essermi diplomato in un istituto alberghiero, ho iniziato a 18 anni il mio percorso lavorativo con InterNapoli.it nel 2016, collaborando anche in qualità di freelancer con diverse testate digitali come Blasting News. Ho scritto per 'Cronache di Spogliatoio', giornale sportivo online, e per la testata locale AbbiAbbè.it.
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