Neanche 200mila euro, né una casa, né la combinazione di entrambi. Nulla può riparare la perdita di Giulio Giaccio, ucciso brutalmente a soli 26 anni, perché scambiato per l’amante indesiderato della sorella di un camorrista. E così, dinanzi alla Corte di Assise d’Appello di Napoli, la famiglia della vittima ha ribadito il proprio no alle offerte risarcitorie di Salvatore Cammarota, a processo come mandante dell’omicidio e per il quale la Procura Generale ha chiesto la conferma della condanna a 30 anni già inflittagli in primo grado.
L’imputato Cammarota, nel corso del processo, ha avanzato per ben due volte proposte risarcitorie: una casa, 80mila euro, poi ancora la stessa abitazione insieme a una somma complessiva vicina ai 200mila euro. La famiglia ha rifiutato ogni volta, scegliendo di affidarsi esclusivamente al giudizio dello Stato.
A distanza di 24 anni da quel 30 luglio 2000, giorno in cui Giulio fu sequestrato, ucciso con un colpo alla nuca e poi sciolto nell’acido per cancellarne ogni traccia, la famiglia Giaccio ha scelto di non piegarsi a nessun compromesso economico. «Non siamo in vendita – ha dichiarato l’avvocato Alessandro Motta, legale della famiglia – Vogliamo solo giustizia. Giulio era onesto, così come la sua famiglia. Deve essere riconosciuto come vittima di camorra».
Cruciale, anche in appello, la richiesta di riconoscimento dell’aggravante mafiosa, finora sempre esclusa: «L’esecuzione fu tipicamente camorristica – ha sottolineato il pg – fu un delitto con metodo mafioso, a firma di capoclan e gregari del clan Polverino».