Il clan Fabbrocino aveva uno ‘sportello d’ascolto’ per far fronte alle richieste dei cittadini. Questo emerge dall’inchiesta della Dda di Napoli e dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Castello di Cisterna che ieri ha portato alla notifica di 12 arresti in carcere e di un obbligo di presentazione. Sono stati 13 gli indagati a vario titolo accusati di associazione di tipo mafioso, detenzione e porto di armi, estorsione, tentata estorsione e trasferimento fraudolento di valori. Tra i destinatari delle misure cautelari in carcere c’è anche Biagio Bifulco, ritenuto a capo del clan Fabbrocino di Palma Campania, che avrebbe tenuto sotto controllo il clan anche dal carcere.
Debiti non pagati e difficoltà lavorative
Tra le istanze pervenute a questo criminale “sportello d’ascolto” figurano anche richieste di aiuto per debiti non pagati e interventi per dirimere difficoltà nell’acquisto di terreni e diatribe di tipo lavorativo. In alcune conversazioni inserite nell’ordinanza emessa dal gip di Napoli Leda Rossetti emerge che un imprenditore di una ditta di trasporti (indagato e non destinatario di una misura cautelare), avrebbe versato 4mila euro al mese, al boss Bifulco, il quale aveva “imposto” a un noto gruppo imprenditoriale “di avvalersi, per l’autotrasporto”, della sua società.
Le tangenti da 4mila euro, quando il boss era in cella, sarebbero state versate dall’imprenditore attraverso un intermediario, pure lui indagato. La vicenda viene ritenuta dagli inquirenti pregnante in quanto descrive la caratura criminale del boss Biagio Bifulco, raggiunto dalla misura cautelare del gip nel carcere dove è già detenuto.
“Uccidete mio figlio”
Emblematico e preoccupante è anche il caso di un persona che per far terminare le violenze del figlio e del genero ha chiesto all’organizzazione di ucciderli e di far sparire i loro corpi. L’episodio risale al 20 giugno 2022 quando gli inquirenti vengono a conoscenza del fatto che in un ufficio del cimitero di Palma Campania, riconducibile a una società, il clan Fabbrocino non solo convocava gli imprenditori a cui imporre il pizzo ma accoglieva, come se fosse un punto d’ascolto per i cittadini afflitti da problemi personali di vario tipo.
E a chiedere ausilio va anche un uomo, come emerge dalle conversazioni registrate dalle cimici dei carabinieri, che preso di mira dal figlio e dal genero che lo tormentavano per questioni economiche, dice: “è la quarta volta che mi ha picchiato… sia mio genero e sia mio figlio…”, chiedendo quindi a uno degli esponenti del clan “di farli scomparire proprio, e di non farli trovare proprio”.
Il clan Fabbrocino però si mostra più clemente del suo interlocutore, infatti, rassicurano l’uomo, che si era anche detto pronto a pagare, facendogli sapere che avrebbero fatto ai due “una bella ramanzina”. “Vedo di parlarci io… – dice l’affiliato – non dobbiamo far scomparire niente, dobbiamo dire che con voi devono fare i bravi”.
I nomi degli arrestati
Tra gli arrestati ci sono Vincenzo Albano, Biagio Bifulco, Raffaele Carbone, Salvatore D’Ascoli, Mario Fabbrocino, Pietro Fabbrocino, Antonio Iovino, Massimo Iovino, Michele La Marca, Pasquale La Marca, Francesco Maturo, Gennaro Nappi, mentre Giovanni Guadagno è stato sottoposto all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.