Addio del Duomo di Napoli al maestro Roberto De Simone, scomparso domenica sera nella sua casa in via Foria a Napoli.
Ad accompagnare l’ingresso in Cattedrale una corona del Comune di Napoli. I funerali sono stati officiati dall’arcivescovo di Napoli, cardinale Domenico Battaglia. Alle esequie, oltre alle cariche istituzionali cittadine e regionali, molti cittadini ed anche esponenti del mondo della cultura e della musica napoletana, tra cui Peppe Barra ed Enzo Gragnaniello. Presente anche la moglie del maestro Riccardo Muti.
“Credo che il primo sforzo da fare sia, oltre che del ricordo, quello della valorizzazione del patrimonio culturale del maestro. È un’eredità straordinaria che ha fatto conoscere una parte della storia culturale della città che prima era ignota ai napoletani e a tutto il mondo” ha detto il sindaco Gaetano Manfredi, rispondendo a una domanda sulle possibili iniziative da mettere in campo per onorare la memoria di De Simone.
“Oggi non siamo qui per dire addio. Siamo qui per dire grazie a un uomo di arte, di cultura, di fede. Siamo qui per dire il nostro grazie al maestro Roberto De Simone.
Non stiamo assistendo alla chiusura di un sipario, attenzione, ma, piuttosto, all’apertura di un nuovo paesaggio, di un nuovo palcoscenico, alla scrittura di nuovi versi e pagine, scritte con l’inchiostro della fede e il colore della speranza”. Così l’arcivescovo di Napoli, cardinale Domenico Battaglia, nell’omelia per la celebrazione delle esequie del maestro Roberto De Simone che si stanno svolgendo in Duomo.
“Siamo qui per dirgli grazie perché ci ha insegnato che la vita è un canto”, ha aggiunto, evidenziando che “il maestro sapeva bene che la vita è una partitura che si suona fino all’ultima nota, e poi si lascia che la melodia continui altrove, più limpida, più piena, più vera”.
L’arcivescovo ha ricordato che nella ‘Cantata dei Pastori’ De Simone “ci ricorda che Dio non ha scelto i palazzi del potere per manifestarsi, ma una grotta umile, il cuore semplice della gente. Ci dice che la salvezza non arriva dal fragore delle armi o dalla ricchezza ostentata, ma dalla tenerezza di un bambino, dalla povertà assunta, dall’amore donato” ed ha raccontato che il maestro gli aveva chiesto di poter rappresentare proprio in Cattedrale “un’importante opera, da lui tanto amata, dedicata al Canto della Vergine Addolorata perché per Roberto, Maria era l’immagine stessa di Napoli e dei suoi figli, della sua storia, del suo dolore, ma anche della sua resistenza e della sua bellezza”.
“E oggi, nel salutare il nostro maestro Roberto – ha proseguito – mi piace pensarlo proprio accanto a Maria, felice, risollevato da ogni dolore, in un dialogo senza parole fatto di musica e silenzi, lui che ha dato suono e voce alla bellezza della tradizione popolare, oggi entra nel mistero della bellezza infinita”.