La maxi inchiesta che ha portato alle 22 custodie cautelari eseguite dalla Polizia e coordinate dalla DDA di Napoli fotografa un sistema di estorsioni legate agli interessi del clan Licciardi. Secondo quanto ricostruito negli atti, il “recupero” di presunti crediti privati si sarebbe trasformato in un’azione violenta, condotta con modalità tipicamente mafiose.
Al centro del caso i rapporti d’affari fra Maurizio Attrattivo e il suo socio nelle società legate al ristorante “Giuseppone a Mare” e al bar Rivalta. Il contrasto economico fra i due avrebbe innescato una catena di incontri con personaggi ritenuti orbitanti nella galassia camorristica.
Le intercettazioni descrivono una sequenza di colloqui fra Attrattivo, Luigi Esposito, Luigi Damasco, Salvatore Sapio, documentati anche attraverso pedinamenti e sistemi di videosorveglianza. È in questo contesto che, secondo gli investigatori, la disputa commerciale sarebbe stata progressivamente “presa in carico” da soggetti collegati al clan Licciardi, con l’obiettivo di “recuperare” la somma che Attrattivo sosteneva di dover ricevere.
Il clima emerge in una serie di conversazioni: Esposito lamenta la situazione economica dell’amico, mostra disponibilità “a intervenire”, mentre vengono organizzati continui incontri nella zona di Posillipo, all’esterno degli esercizi commerciali.
La dinamica degenera quando viene avvicinato il socio di Attrattivo, che secondo gli atti sarebbe stato picchiato brutalmente. In una delle intercettazioni, lo stesso Attrattivo riferisce ai familiari dell’aggressione subita dal socio, mentre Esposito viene intercettato mentre si disinfetta le ferite perché feritosi picchiando la vittima. Gli inquirenti ricostruiscono anche le presunte modalità attraverso cui sarebbero stati “monitorati” gli incontri, collegati alla riscossione delle somme.

