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martedì, Maggio 7, 2024
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Omicidio del boss Reale, pugno duro della Procura: chiesto l’ergastolo per i D’Amico

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Ergastolo. Per tutti. Questa la richiesta del pubblico ministero della Dda Antonella Fratello nei confronti dei componenti del clan D’Amico ‘Gennarella’ in relazione all’omicidio di Patrizio Reale, boss dell’omonima famiglia di San Giovanni a Teduccio. Rischio stangata dunque nel processo con rito abbreviato per Salvatore D’Amico, Gennaro e Luigi D’Amico, per Armando De Maio e Ciro Ciriello. Per il collaboratore di giustizia Umberto D’Amico la richiesta è stata di 12 anni. Un altro provvedimento era stato emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni di Napoli ed eseguito nei confronti di un altro indagato, all’epoca dei fatti, non ancora maggiorenne. Luigi D’Amico in aula ha inoltre manifestato l’intenzione di dissociarsi d proprio passato nel mondo della malavita.

Secondo la ricostruzione del nipote di Salvatore, Umberto D’Amico, e di quella di altri collaboratori di giustizia i ‘Gennarella’ (soprannome con cui vengono identificati i D’Amico di San Giovanni a Teduccio) penetrarono nel cortile di un palazzo sicuri di trovare ‘Patriziotto’ che fu colpito a morte mentre un altro affiliato che era in sua compagnia, Giovanni Nocerino, rimase ferito. Un omicidio che rappresentò uno dei momenti più cruenti della lunga guerra tra i due schieramenti, nemici da sempre. Nel collegio difensivo gli avvocati Leopoldo Perone, Giuseppe Perfetto, Sergio Morra, Domenico Dello Iacono e Salvatore Impradice.

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Le dichiarazioni di Umberto D’Amico

D’Amico ha raccontato ai magistrati come andò quel giorno e chi erano i componenti del commando spiegando che in quell’occasione ebbe il ruolo di ‘staffetta’:«Ho commesso l’omicidio di Patrizio Reale con il ruolo di staffetta nel 2009. I mandanti sono mio padre Luigi, mio zio Salvatore, e mio zio Gennaro. Esecutori materiale Gesualdo Sartori e Armando De Maio. Ciro Ciriello ha fatto da staffetta come me. A sparare è stato Armando. Il motorino lo abbiamo bruciato a Marigliano. La pistola l’ho buttata abbascia a Marina, dove sta Porto Fiorito. Era una 38 special. lo ero sulla mia macchina Classe B dorata insieme a Ciriello Ciro. Gesualdo e Armando erano su uno scooter, SH nero rubato. Gesualdo alla guida e Armando dietro. A sparare è stato Armando. Il motorino Io hanno bruciato Armando e Gennaro. La pistola l’ho buttata io. Per quanto riguarda la decisione, eravamo a tavola a casa di mio zio Gennaro, io, i miei zii Salvatore e Gennaro.

Improta Gennaro, mio padre, Sartori. Avevamo saputo che Patrizio Reale ci voleva uccidere e che spacciava in casa. Con la scusa di comprare l’erba avevamo deciso di ucciderlo in casa. Mandammo Sartori a comprare la droga e lui gli apriva. Dopo tre o quattro volte, abbiamo mandato Gesualdo Sartori con Armando De Maio per l’omicidio. Siamo arrivati presso l’abitazione di Patrizio Reale, sotto la quale c’è un circoletto all’interno dì un cancello. Io e Ciriello ci siamo fermati fuori. Gesualdo e Armando sono entrati, hanno sparato e sono taciti. Lo li abbiamo aspettati e li abbiamo seguiti fino a Pontecitra dove abita Armando. Abbiamo deciso di mandare Armando De Maio perché venendo da fuori era più facile che non fosse preso dalla Polizia».

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