Quindici anni e quattro mesi. Questa la decisione stabilita oggi dal gip del tribunale dei minori di Napoli per il 16enne che rispondeva dell’omicidio di Gennaro Ramondino, ucciso lo scorso 1 settembre in una zona di campagna di Pianura. Il giovanissimo, difeso dall’avvocato Antonella Regine, nonostante avesse ammesso le proprie responsabilità, non è riuscito ad evitare una pena severa. Il ragazzo, originario del Rione Traiano, è stato però dall’accusa di aver partecipato al traffico di stupefacenti e dall’aggravante dell’agevolazione mafiosa venendo però riconosciuto colpevole dei reati di omicidio e di distruzione di cadavere. Il ragazzo avrebbe esploso all’indirizzo della vittima alcuni colpi d’arma da fuoco a bruciapelo, uccidendolo sul colpo. In sede di interrogatorio aveva spiegato di far parte del ‘contesto’, di non essersi mai impossessato della pistola appartenente ad uno degli altri agenti indagati ma anzi di essere stato indotto a sparare dopo essere stato notevolmente influenzato da ciò che gli affiliati di maggiore età raccontavano di Ramondino e cioè che lo stesso avrebbe voluto porsi a capo del gruppo Santagata e che si sarebbe reso responsabile di un ammanco nelle casse del clan. I maggiorenni, secondo il 16enne, gli avrebbero spiegato che ‘andava fatto’ e che le conseguenze per lui sarebbero state minime vista la sua giovane età. L’ordine, secondo quanto si apprende, sarebbe arrivato direttamente dal carcere. Durante l’interrogatorio il giovane ha tenuto a precisare di non essersi impossessato di alcuna pistola (sconfessando quanto dichiarato da una delle persone sentite dagli inquirenti) e che il delitto non era premeditato visto che essendo molto amico della vittima avrebbe potuto ucciderla in uno dei numerosi momenti trascorsi insieme. In aggiunta aveva spiegato di non aver contribuito a disfarsi del corpo di Ramondino.
Le dichiarazioni di Domenico Di Napoli
A ricostruire la dinamica dell’omicidio e le ‘motivazioni’ dietro lo stesso le dichiarazioni di Domenico Di Napoli che per primo ha tirato in ballo il minorenne P. I. come autore materiale del delitto. Secondo Di Napoli l’omicidio era da ricondurre alla voglia di Ramondino di mettersi in proprio tanto che, nelle ore precedenti il fatto di sangue, lo stesso si sarebbe recato a casa del reggente del clan Massimo Santagata (al momento detenuto) chiedendo alla moglie dove fossero le armi del gruppo. La donna avvertì subito Di Napoli del fatto e, secondo le sue dichiarazioni, il minorenne amico di Ramondino si sarebbe subito distanziato dallo stesso dicendo a Di Napoli:«Io mi appartai con P.I per commentare quello che era successo e come si era comportato Gennaro Ramondino e P.I commentò dicendomi: “Mo che viene lo ammazzo” ». Secondo Di Napoli:«Per non creare confusione nella piazza di spaccio e per timore che… potesse fare quello che aveva minacciato gli dissi che non doveva permettersi di fare un simile gesto. Sembrava che mi avesse ascoltato, ma a quel punto dato che noi avevamo nello scantinato una pistola 9×21 io per timore che lui potesse utilizzarla la portai dentro casa mia, al piano di sopra. P. mi vide. Salii e poggiai l’arma all’ingresso sopra all’appendiabiti, precisando che io lascio sempre la porta dell’abitazione aperta quando la piazza di spaccio è in funzione. Dalle 21 all’una non ho più visto P. , ma sapevo che si trovava giù. In casa ho delle telecamere e quindi posso vedere le persone che arrivano. All’una sono uscito per andare a ritirare dei panini Al ritorno vidi arrivare a bordo di una macchina Gennaro Ramondino, Nunzio Rizzo e Paolo Equabile. Nel momento in cui entrai in casa vidi P. sull’uscio. Il tempo di portare i panini in cucina e sentii scarrellare l’arma, così capii che se n’era impossessato. Lui scese velocemente le scale, io l’ho rincorso. P. puntò la pistola al petto di Gennaro Ramondino sparando diverse volte».
L’arresto di Rizzo e Equabile
Per l’omicidio Ramondino nei mesi scorsi sono stati arrestati anche Nunzio Rizzo e Paolo Equabile, 30 e 28 anni, entrambi del Rione Traiano. Secondo la ricostruzione contenuta nell’ordinanza di custodia cautelare (firmata dal gip Leda Rossetti), i due uomini avrebbero dato alle fiamme il corpo di Ramondino ucciso poche ore prima con diversi colpi esplosi da una pistola calibro 9×21. Nel registro degli indagati figurerebbero altri due giovanissimi che, secondo gli inquirenti, avrebbero svolto un attivitá di depistaggio sulle indagini. L’accelerata alle indagini sarebbe avvenuta per un episodio alquanto singolare: la sera del delitto il minore avrebbe sottratto l’auto ad un suo conoscente che, una volta ripreso il mezzo, avrebbe notato un forte odore di benzina insospettendosi visto che nel quartiere già era iniziata a circolare la voce di un omicidio avvenuto a Pianura.