Ha ammesso di aver sparato a Gennaro Ramondino spiegando però di essere stato indotto dai maggiorenni del clan. È questo il ‘cuore’ dell’interrogatorio del 16enne raggiunto questa mattina da ordinanza di custodia cautelare presso un istituto penitenziario minorile relativamente all’omicidio di Gennaro Ramondino avvenuto nella notte del 31 agosto scorso il cui cadavere è stato rinvenuto carbonizzato tra le sterpaglie in una zona di campagna del quartiere di Pianura. Le indagini della squadra mobile di Napoli, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia e dalla Procura per i Minorenni di Napoli, hanno consentito di individuare il luogo in cui l’omicidio sarebbe avvenuto – un sottoscala sito in Via Comunale Napoli nel quartiere di Pianura, generalmente utilizzato dai gruppi criminali della zona come “piazza di spaccio” – e le modalità nelle quali lo stesso si sarebbe consumato.
In particolare, il minore destinatario del provvedimento cautelare, attualmente già detenuto per altra causa, nella serata dello scorso 31 agosto, avrebbe esploso all’indirizzo della vittima alcuni colpi d’arma da fuoco a bruciapelo, uccidendolo sul colpo. Lo stesso, con l’ausilio di alcuni complici, si sarebbe poi adoperato per trasportare il cadavere in aperta campagna – dove poi è stato ritrovato carbonizzato – e per eliminare ogni traccia del delitto nei locali del sottoscala in cui era avvenuto l’omicidio. In sede di interrogatorio il ragazzino, assistito dall’avvocato Antonella Regine, ha spiegato di far parte del ‘contesto’, di non essersi mai impossessato della pistola appartenente ad uno degli indagati ma anzi di essere stato indotto a sparare dopo essere stato notevolmente influenzato da ciò che gli affiliati di maggiore età raccontavano di Ramondino e cioè che lo stesso avrebbe voluto porsi a capo del gruppo Santagata e che si sarebbe reso responsabile di un ammanco nelle casse del clan. I maggiorenni, secondo il 16enne, gli avrebbero spiegato che ‘andava fatto’ e che le conseguenze per lui sarebbero state minime vista la sua giovane età. L’ordine, secondo quanto si apprende, sarebbe arrivato direttamente dal carcere. Durante l’interrogatorio il giovane ha tenuto a precisare di non essersi impossessato di alcuna pistola (sconfessando quanto dichiarato da una delle persone sentite dagli inquirenti) e che il delitto non era premeditato visto che essendo molto amico della vittima avrebbe potuto ucciderla in uno dei numerosi momenti trascorsi insieme. In aggiunta ha spiegato di non aver contribuito a disfarsi del corpo di Ramondino. La difesa del giovane ha evidenziato tale punto sottolineando che la giovane età del ragazzo e le cattive influenze avrebbero portato il giovane a compiere l’omicidio.
Nelle settimane scorse inoltre è stato sottoposto a fermo del P.M. un altro indagato maggiorenne, Antonio Di Napoli, ritenuto gravemente indiziato dei reati di favoreggiamento, occultamento e distruzione del cadavere di Ramondino e delle autovetture utilizzate per la commissione dei delitti.
Nel corso delle indagini è stata rinvenuta anche l’arma utilizzata per compiere l’omicidio, sotterrata in una zona di campagna del quartiere Pianura.