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venerdì, Aprile 19, 2024
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Omicidio di Patrizio Reale, resta in carcere il boss Salvatore D’Amico

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Resta in carcere Salvatore D’Amico, il boss dell’omonimo gruppo di San Giovanni a Teduccio soprannominato ‘Gennarella’. Questa la decisione del tribunale del Riesame di Napoli in relazione al boss raggiunto da ordinanza di custodia cautelare qualche settimana fa in relazione all’omicidio di Patrizio Reale (leggi qui l’articolo). Gli uomini della squadra mobile hanno eseguito un’ordinanza cautelare emessa dal Giudice per le indagini preliminari Giovanna Cervo presso il Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di Salvatore D’Amico, Gennaro e Luigi D’Amico,  per Armando De Maio e Ciro Ciriello. Un altro provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale per i minorenni di Napoli, è stato eseguito nei confronti di un altro indagato, all’epoca dei fatti, non ancora maggiorenne.  Secondo la ricostruzione del nipote di Salvatore, Umberto D’Amico, e di quella di altri collaboratori di giustizia i ‘Gennarella’ (soprannome con cui vengono identificati i D’Amico di San Giovanni a Teduccio) penetrarono nel cortile di un palazzo sicuri di trovare ‘Patriziotto’ che fu colpito a morte mentre un altro affiliato che era in sua compagnia, Giovanni Nocerino, rimase ferito. Un omicidio che rappresentò uno dei momenti più cruenti della lunga guerra tra i due schieramenti, nemici da sempre.

Le dichiarazioni di Umberto D’Amico

D’Amico ha raccontato ai magistrati come andò quel giorno e chi erano i componenti del commando spiegando che in quell’occasione ebbe il ruolo di ‘staffetta’:«Ho commesso l’omicidio di Patrizio Reale con il ruolo di staffetta nel 2009. I mandanti sono mio padre Luigi, mio zio Salvatore, e mio zio Gennaro. Esecutori materiale Gesualdo Sartori e Armando De Maio. Ciro Ciriello ha fatto da staffetta come me. A sparare è stato Armando. Il motorino lo abbiamo bruciato a Marigliano. La pistola l’ho buttata abbascia a Marina, dove sta Porto Fiorito. Era una 38 speciaL lo ero sulla mia macchina Classe B dorata insieme a Ciriello Ciro. Gesualdo e Armando erano su uno scooter, SH nero rubato. Gesualdo alla guida e Armando dietro. A sparare è stato Armando. Il motorino Io hanno bruciato Armando e Gennaro. La pistola l’ho buttata io. Per quanto riguarda la decisione, eravamo a tavola a casa di mio zio Gennaro, io, i miei zii Salvatore e Gennaro. Improta Gennaro, mio padre, Sartori. Avevamo saputo che Patrizio Reale ci voleva uccidere e che spacciava in casa. Con la scusa di comprare l’erba avevamo deciso di ucciderlo in casa. Mandammo Sartori a comprare la droga e lui gli apriva. Dopo tre o quattro volte, abbiamo mandato Gesualdo Sartori con Armando De Maio per l’omicidio. Siamo arrivati presso l’abitazione di Patrizio Reale, sotto la quale c’è un circroletto all’interno dì un cancello. Io e Ciriello ci siamo fermati fuori. Gesualdo e Armando sono entrati, hanno sparato e sono taciti. Lo li abbiamo aspettati e li abbiamo seguiti fino a Pontecitra dove abita Armando. Abbiamo deciso di mandare Armando De Maio perché venendo da fuori era più facile che non fosse preso dalla Polizia».

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