Nessuno sconto da parte dei giudici della Corte di Appello di Napoli per il bengalese accusato di aver violentato la poliziotta Alessandra Accardo nella notte tra il 19 e il 20 ottobre 2022. Per il responsabile, così come riportato da Il Mattino, è stata confermata la condanna a 14 anni di reclusione.
LE PAROLE DELLA POLIZIOTTA ALESSANDRA
Nell’ottobre 2022, mentre stava tornando a casa dopo aver finito il suo turno, Alessandra viene aggredita da un uomo nella zona del porto. Un 23enne cittadino del Bangladesh la picchia e la violenta, dopo la violenza lei è tornata a lavorare senza farsi intrappolare dalla paura: “Avevo un versamento nell’occhio, ho una collezione di cicatrici e un punto di sutura in fronte. Oltre a ferite ancora evidenti alle ginocchia. Ma una cosa non ho: la paura“. E intanto ha deciso di metterci la faccia e parlare di quello che le è successo: “Le vittime vanno ascoltate con rispetto. Condividere il dolore aiuta te e gli altri“.
“Oggi sono una donna felice. Ho un compagno che mi adora e che adoro, ho ripreso palestra, corso di ballo, lavoro. Mi sono ripresa la mia vita e cerco di aiutare gli altri con la mia testimonianza“, dice a Giusi Fasano.
LA REAZIONE DEI GIUDICI
Ma ricorda che il giudice e gli altri presenti: “Piangevano guardando le fotografie di come ero combinata dopo 20 minuti di furia”. Oggi, quando alla tv parlano di femminicidi: “Parlo da sola. Mi arrabbio con la televisione. Qualsiasi storia di violenza io la sento amplificata”. E racconta quella sera: “Era appostato, a parecchi metri di distanza. Io mi sentivo tranquilla, sono arrivata alla macchina e stavo per aprirla quando l’ho visto correre verso di me. Il primo istante ho pensato fosse lo scherzo di qualche collega, poi ho capito che voleva aggredirmi e ho creduto fosse una rapina. E invece…“, dichiarò al Corriere della Sera.
Dei primi giorni dopo lo stupro Alessandra ricorda: “Un dettaglio: mi pettinavo in giardino perché nei capelli avevo ramoscelli, terriccio, cattivi odori, e mi faceva schifo sporcare la casa con quella roba. Venivano le persone a trovarmi, si avvicinavano per abbracciarmi e a volte le allontanavo per non trasmettergli la puzza di lui che sentivo addosso. Ci è voluto un po’ per liberarmene. Ma in un certo senso il “dopo” mi ha anche fortificata“.