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Riapre il Gran Caffè Gambrinus, recuperata la Sala degli Specchi

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Passeggiare per la magnifica Piazza Trieste e Trento e posare gli occhi sul gazebo vuoto, senza nemmeno le sedie, ha indubbiamente suscitato una sensazione a dir poco spiacevole. Poi però il dispiacere si è unito alla curiosità: in tanti, infatti, si sono domandati nei giorni scorsi perchè il Gran Caffè Gambrinus avesse chiuso i battenti. Il bar e salotto letterario più antico e celebre di Napoli è stato oggetto di ‘lavori improrogabili‘. Si tratta di interventi necessari, che si inseriscono in un progetto di riqualificazione integrale dell’intera struttura. L’obiettivo è quello di riportarlo all’antico splendore di un tempo, restituendo alla vista dei clienti i grandi saloni, che furono costretti a chiudere nel pieno del ventennio fascista, nel 1938, prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale.

I lavori di restauro nella Sala degli Specchi

Tuttavia per l’inaugurazione di queste sale si dovrà attendere la stagione primaverile. Anche l’imprenditore Massimiliano Rosati, che dal 2012 è socio effettivo della Società SRL Gran Caffè Gambrinus, ha ribadito che “i restauratori consegneranno i locali intorno al 20 aprile“.

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In particolare tra queste sale figura la meravigliosa Sala degli Specchi, ambiente che è stato ampiamente valorizzato alla luce della scoperta negli scorsi anni di alcuni degli affreschi in stile liberty più belli dell’intero locale. Queste magnifiche opere d’arte si trovavano al di qua dei parati dei negozi di abbigliamento che occupavano l’area, e furono scoperte a seguito di una serie di sondaggi che la Soprintendenza dispose di eseguire. Dunque furono condotti attenti studi, che attribuirono la paternità di queste sculture e alto e bassorilievi rinvenuti alla grande Scuola di Posillipo di inizio Novecento. Non ci sono più dubbi: quegli spazi appartengono al Gambrinus. Del resto questo salone è attiguo al Caffè, dal lato di via Chiaia, e anche questo è chiuso dagli anni del Fascismo.

I lavori nella Sala degli Specchi sono iniziati a gennaio del 2024. Lo spazio sarà un privè, una sala per ricevimenti ed eventi. La potremo utilizzare per le conferenze stampa, feste esclusive e occasioni simili. Per rievocare la storia dello spazio, l’arredo sarà costituito da un gran numero di specchi, che negli anni Trenta erano utili a riflettere la luce in tutti gli ambienti. Curiosamente, fino a pochi anni fa non sapevamo che esistesse ancora, la Sala degli Specchi. Lo abbiamo scoperto dalle fotografie storiche“, ha affermato Rosati nei giorni scorsi.

Il tempio del caffè, e non solo

In tanti hanno espresso il proprio orgoglio e il proprio entusiasmo in vista del ritorno dell’attività, ormai simbolo indiscusso della Belle Epoque napoletana e in generale dell’Italia intera. La vicenda che ha interessato lo storico Gambrinus ha toccato infatti i cuori non solo dei napoletani, ma anche degli italiani e dei turisti stranieri.

Il Gran Caffè Gambrinus, infatti, è molto di più di un semplice luogo dove poter sorseggiare una tazza di caffè. Questo locale è infatti il tempio del caffè napoletano per eccellenza, ma non solo. Membro dell’Associazione Culturale Locali Storici d’Italia, il locale è un celeberrimo salotto partenopeo, uno dei primi della città intera. Oltre che rinomata galleria d’arte, espressione della cultura barocca.

Gli esordi del Gran Caffè

Del resto, la storia di questo rinomato locale attraversa i secoli. Del resto, per comprendere la storicità di questo Caffè, basti pensare alla splendida cornice all’interno della quale si trova. Alle spalle di Palazzo Reale, e a due passi dalla splendida Piazza del Plebiscito. In particolare, questa attività affonda le proprie radici nel lontano 1860, ai tempi dell’Unità d’Italia. Fondato dall’allora proprietario Vincenzo Apuzzo, trovò la luce al piano terra del palazzo della Foresteria, che già nel 1816 era sede della Prefettura.

Il locale, già sin dai primi anni della sua nascita, divenne ben presto il ‘re’ dei salotti del bel mondo cittadino. Infatti vide confluire nelle sue sale e nelle sue cucine già durante i primi anni del suo esordio alcuni dei migliori pasticcieri, mastri gelatai e baristi provenienti da ogni angolo del Vecchio Continente. Ciò gli permise di guadagnarsi il rispetto e la benevolenza della famiglia reale di casa Savoia. Inoltre, ottenne il riconoscimento per decreto di ‘Fornitore della Real Casa‘. Si trattava di un onore disposto dalla casata piemontese soltanto a uno dei migliori fornitori del Regno delle Due Sicilie.

1890: il Gambrinus diventa una celebre galleria d’arte

Così, si arriva nel 1885, anno in cui l’attività sembrava essere sull’orlo del fallimento. Ma il destino aveva in serbo per il locale un futuro migliore. Negli anni successivi, infatti, le sue sale sarebbero state aperte ai napoletani e ai viaggiatori di tutto il mondo.

E’ nel 1890 che Mariano Vacca, noto avventore di locali frequentati da artisti e attori, decise di prendere in fitto i locali della Foresteria. Ambienti di cui commissionò una radicale ristrutturazione, in stile liberty. Il progetto, coadiuvato dall’architetto Antonio Curri, professore onorario dell’Istituto di Belle Arti e Ornato nella Real Università. E grazie al lavoro di più di quaranta maestri dell’artigianato e dell’arte il celebre Caffè iniziò a ospitare all’interno delle sue sale delle maestose opere d’arte decorative. Si pensino ai marmi di Jenny e Fiore, i bassorilievi del grande restauratore Cepparulo, le tappezzerie del Borcelli, gli stucchi del Bocchetta. E ancora, alcuni dei più bei ritratti paesaggistici napoletani, che continuano ad adornare le pareti della struttura.

Il Gambrinus diventa una galleria d’arte

Così, il Gambrinus si trasformò in una vera e propria galleria d’arte. E fu uno dei pochi locali a Napoli a risplendere della luce della corrente elettrica, grande conquista del mondo moderno. Inoltre è in questi anni che il Caffè fu ribattezzato con il nome di ‘Gran Caffè Gambrinus‘, in onore dell’omonimo leggendario re delle Fiandre, nonché inventore indiscusso della birra. L’idea infatti era quella di far sposare due bevande emblema di due tradizioni diverse. Da un lato la birra, di origini nordiche, fredda e chiara, e dall’altro il caffè, tipicamente legato alla cultura napoletana, bollente e scuro.

Ed è così che ben presto questo Caffè divenne uno dei poli culturali e letterali più importanti della città. Un centro gravitazionale per alcune delle menti più illuminate d’Europa, e di prestigio internazionale, degli anni a cavallo tra la fine del Secolo lungo e gli inizi del Secolo breve. Insomma, il ‘regno’ della cultura della Bèlle Epoque. Infatti i suoi tavolini e le sue mura iniziarono a ospitare re, regine, letterati, giornalisti e artisti provenienti da ogni angolo del mondo.

Ed è così che le vaste sale del Caffè diventarono un’importante fonte di ispirazione per la composizione di versi poetici, nonché luoghi di discussioni e di incontri. Addirittura, ogni sala iniziò a essere dedicata a uno specifico argomento oggetto degli incontri e dei simposi che lì si tenevano: ad una sala politica, si affiancava una sala della vita, e una sala rotonda. Inoltre, divenne ben presto una tappa obbligatoria per qualunque avventore o viaggiatore che intendeva visitare la città.

Gli ospiti del Gran Caffè Gambrinus e l’arrivo a Napoli del ‘Caffè Chantant

Tra gli ospiti più celebri che fecero il loro ingresso in questo meraviglioso Caffè ricordiamo l’imperatrice d’Austria Sissi, che ebbe il piacere di gustare una coppa di gelato alla violetta. E ancora, il poeta Gabriele D’Annunzio, che proprio in queste mura compose alcuni versi della canzone “A’ vucchella“. Benedetto Croce, che fece del capoluogo partenopeo la sua seconda patria. Matilde Serao, che proprio seduta a uno dei tavolini del Caffè ideò il celebre quotidiano Il Mattino. Jean Paul-Sartre, il filosofo francese che “davanti a una granita che guardavo malinconicamente mentre si scioglieva in una coppa di smalto” si lasciò andare in un flusso di pensieri su Napoli. Oscar Wilde, lo scrittore irlandese che fu accompagnato in una visita alla città dopo una delle pagine più buie della sua biografia, dopo gli anni del carcere, da Lord Alfred Douglas. E tantissimi altri ancora.

Di grande importanza poi fu l’ingresso a Napoli sul finire dell’Ottocento del cosiddetto ‘Cafè Chantant‘, italianizzato ‘Caffè Concerto‘, di derivazione parigina. Si trattava di un genere di spettacolo molto in voga in quegli anni nel resto del Continente, durante il quale si celebravano varie rappresentazioni teatrali. Questo nome francese, con il passare degli anni, andò poi progressivamente a indicare e a a simboleggiare la figura della ‘sciantosa‘. Un termine che è frutto di una storpiatura del dialetto partenopeo della parola francese ‘chanteuse‘, che va a identificare la figura del ‘cantante’, uno degli attori protagonisti del concerto.

La parabola di decadenza

La prosperità del locale proseguì sino agli anni del ventennio fascista, e precisamente fino al 1938. In questa data, appunto, il prefetto fascista Marziali ne impose la chiusura in quanto sospettato luogo di ritrovo antifascista. Inoltre una parte dei saloni del Caffè fu ceduta al Banco di Napoli. Ed fu così che lo storico caffè letterario, che fino a qualche anno fa aveva vissuto uno dei periodi di suo massimo splendore, andò incontro a una triste parentesi della sua vita.

Le battaglie di Michele Sergio e il ritorno in auge dell’attività

Ma questa decadenza non era destinata a durare troppo a lungo. Anni dopo la fine della guerra, negli anni ’70, furono recuperate le magnifiche sale del Caffè, ormai abbandonate. Fu questa una grande battaglia, intrapresa dall’avvocato Michele Sergio, che decise dunque di offrire il suo contributo ai lavori di ristrutturazione guidati da suo padre degli stucchi e degli affreschi. Sin da bambino, infatti, Michele sognava di essere padrone della gestione del locale.

Così, dopo aver preso in mano le redini della gestione del locale, affiancato dai suoi due figli Arturo e Antonio e dal genero Giuseppe Rosati, portò avanti questa fatidica lotta nonostante le grandi difficoltà che incontrò in quegli anni. Proprio nei primi anni ’70 scoppiò un violento terremoto, unito a una terribile esplosione dell’epidemia da colera, eventi che rallentarono la rifioritura del locale. Il tutto si coniugò anche ad una scarsa fiducia del popolo nella risurrezione di uno dei poli culturali più importanti della città.

Il ‘secondo rinascimento‘ del Gambrinus

Così dopo numerose guerre, anche legali, sinonimo di una grande resilienza, e dopo non pochi sacrifici, Michele Sergio è riuscito a restituire a Napoli un grande pezzo della sua storia. Riuscendo anche a unificare alcuni locali, restituendo alla luce la celebre galleria d’arte e la sala tè. Ed è così che per il Gran Caffè Gambrinus si è aperta una nuova fase di prosperità, un ‘secondo rinascimento‘. Ormai infatti è diventato una tappa imprescindibile per tutti i presidenti della Repubblica che intendono recarsi a Napoli, da Enrico De Nicola a Sergio Mattarella. Persino Sua Santità Papa Francesco ha avuto l’onore e il piacere di fare il suo ingresso nelle mura di questo locale.

Grazie a questi colossali interventi, grazie al sogno di uno ‘scugnizzo’, Napoli si è così riappropriata di un importantissimo pezzo della sua storia. Infatti a oggi il Gran Caffè è protetto dal Vincolo Storico rilasciato dalla Soprintendenza per i beni storici, artistici, paesaggistici e architettonici della città. Inoltre il Gambrinus è tornato a essere luogo di ritrovo per tantissimi attori, poeti, scrittori, artisti, uomini d’affari e imprenditori di fama nazionale e internazionale. Riportando così sulle tavole dei clienti l’antica tradizione del caffè sospeso, oltre che le migliori prelibatezze della gelateria e della pasticceria del territorio. In poche parole, il Gambrinus simboleggia il classico salotto elegante della città, ripercorrendo i fasti di un tempo. Ed è diventato di conseguenza una tappa imprescindibile per qualunque visitatore e avventore che si trova a camminare per le strade e per le piazze limitrofe.

In attesa dell’imminente riapertura

Dopo il restyling il Gambrinus torna ad accogliere i clienti, napoletani e turisti.Il turismo a Napoli è stabilizzato. La vera novità è che siamo in una bassa stagione, ma i turisti ci sono lo stesso“, ha dichiarato lo stesso Massimiliano Rosati. “Siamo ormai diventati una capitale del turismo internazionale. Finalmente, come la città merita“, ha concluso l’imprenditore. Dunque ora che lo storico Caffè napoletano ha riaperto i battenti, si potrà godere della suggestività di uno dei luoghi più affascinanti dell’intera città. Magari davanti a una bella tazzulella e’ caffè, oppure davanti a una coppa di gelato o davanti a un buon dolce.

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