L’intervista di Rita De Crescenzo a Belve è diventata virale. Tra meme, imbarazzo e applausi, divide Napoli e l’Italia. Ma davvero è lei a fare male alla città?
L’attesa era alta e le polemiche non sono mancate. Rita De Crescenzo a Belve, il talk di Francesca Fagnani su Rai 2, ha catalizzato l’attenzione di milioni di spettatori. In poche ore, i momenti più discussi dell’intervista sono diventati virali sui social, trasformandosi in meme, battute e discussioni infuocate.
C’è chi ha riso, chi si è indignato, chi ha difeso la sua spontaneità. Ma la domanda resta: cosa rappresenta davvero Rita De Crescenzo? È solo un fenomeno televisivo o il segno di qualcosa di più profondo nella società italiana e nella Napoli di oggi?
Perché Rita De Crescenzo divide?
In pochi minuti l’intervista è uscita dallo studio televisivo ed è entrata nel linguaggio collettivo. Un meme di Rita De Crescenzo non spiega, semplifica, condensa un volto o una frase in un simbolo che fa ridere, infastidisce e alla fine divide l’opinione pubblica.
È quello che è accaduto con Rita De Crescenzo a Belve, il programma è diventato subito argomento da bar, da chat, da social. E nel passaggio da intervista a meme, il giudizio si è polarizzato tra chi la applaude e chi la disprezza.
Fa male a Napoli? Una domanda sbagliata
Molti sostengono che Rita De Crescenzo faccia male a Napoli, che la sua immagine rovini il volto della città. Ma siamo davvero sicuri che sia lei a danneggiarla?
I problemi che feriscono Napoli hanno nomi ben più concreti. Affitti e carovita fuori controllo, disoccupazione e precarietà, corruzione e nepotismo, criminalità e degrado urbano. Ridurre tutto a un personaggio televisivo è un modo comodo per non guardare alle vere questioni che segnano la vita quotidiana dei cittadini.
Eppure Rita De Crescenzo non è estranea a questi fenomeni. La sua storia personale nasce da quelle stesse problematiche. La sua storia, il suo personaggio è il frutto di un contesto segnato da disagi sociali ed economici, non la loro causa. Per questo è fuorviante considerarla “il problema” – semmai è lo specchio scomodo di condizioni che preferiamo ignorare.
Perché Rita De Crescenzo disturba davvero
Il fastidio che suscita Rita non nasce solo dai suoi balletti o dalle frasi, ma dal fatto che incrina un ordine sociale interiorizzato. Chi nasce in basso, secondo le regole non scritte, dovrebbe restarci.
Da qui derivano le diverse reazioni. Lo snobismo del “buon gusto”, che disprezza il suo linguaggio e l’estetica kitsch; così come accettare che una persona ottenga fama e soldi grazie a un personaggio. Inoltre c’è il simbolo ribaltato, perché Rita De Crescenzo non si presenta come vittima passiva, ma trasforma consapevolmente lo stigma in uno strumento di successo e il successo ad alcuni da fastidio.
Accettiamo che chi viene dal basso possa salire solo se compie qualcosa di eclatante, se diventa mito collettivo. È stato così con Maradona o altri simboli popolari amati e giudicati allo stesso tempo. Nel caso di Rita De Crescenzo la dinamica è simile ma amplificata.
Non ha fatto gol al San Paolo, non ha scritto un capolavoro, ha preso la sua marginalità e l’ha trasformata in visibilità. Ed è bastato questo per dividere, mostrando quanto ci infastidisca quando i confini sociali saltano e chi dovrebbe restare ai margini riesce a stare al centro nel bene o nel male.
Oltre Rita. I veri mali di Napoli
Rita De Crescenzo non è un caso isolato, ma il sintomo di qualcosa di più grande. Una città che spesso preferisce trasformare le sue contraddizioni in spettacolo piuttosto che affrontarle.
L’imbarazzo che proviamo davanti a Rita dovremmo provarlo anche — e soprattutto — davanti a campagne elettorali marce, alla disoccupazione cronica, agli affitti impossibili, a chi specula sulla pelle dei cittadini. Guardare solo a l personaggio significa cadere nel gioco dei potenti e spostare l’attenzione sul folklore per non parlare di ciò che conta davvero.
Alla fine, l’intervista a Belve resta televisione: un talk, un video, un meme. Ma il punto non è se Rita De Crescenzo ci faccia ridere o indignare. Il punto è capire cosa racconta della nostra società e quanto ci riguardi.

 
                                    