Altra sentenza choc nell’ambito dei processi civili per i decessi nel sisma dell’Aquila del 6 aprile 2009. La Corte d’Appello dell’Aquila ha infatti confermato il pronunciamento di primo grado del 2022 che aveva scagionato la Presidenza del Consiglio dei ministri da ogni responsabilità per la morte di sette studenti in vari crolli nel terremoto di circa 15 anni fa.
I familiari delle giovani vittime non solo non avranno nessun risarcimento avendo assunto una “condotta incauta”, ma dovranno anche pagarsi le spese legali, quasi 14mila euro.
“I nostri figli avrebbero dovuto prevedere quanto poi accaduto e uscire di casa”
Una sentenza che, di fatto, conferma il pronunciamento di primo grado che scagionò la Presidenza del Consiglio dei Ministri da ogni responsabilità per la morte degli studenti in occasione del terremoto in Abruzzo del 2009.
“I nostri figli avrebbero dovuto prevedere quanto poi purtroppo accaduto e uscire di casa: mio figlio Nicola sarebbe stato incauto nel non uscire di casa”, così parlò nel 2023 Sergio Bianchi, padre di Nicola, universitario originario di Monte San Giovanni Campano (in provincia di Frosinone), deceduto la notte del 6 aprile all’Aquila, nonché presidente dell’Avus (Associazione Vittime Universitarie Sisma), nel commentare il suddetto pronunciamento.
Il giudice Croci aveva emesso anche un’altra sentenza nella quale aveva ammesso il concorso di colpa del 30 per cento per “l’incauto comportamento di non essere usciti di casa”. Pronunciamento che fu appellato dalle parti civili.
Per i dieci ragazzi morti furono chiesti risarcimenti tra i 500 e i 600 mila euro ciascuno. La sentenza fu appellata: Nicola, 22 anni, morì nel crollo della casa di via D’Annunzio. Per la Croci “qualunque rassicurazione fosse stata percepita, doveva necessariamente venire meno ove l’abitazione in concreto occupata avesse presentato segni di danno per le precedenti scosse e/o fosse stata giudicata meritevole di controlli di stabilità”, mentre per altri ragazzi morti è stato evidenziato come dalle condotte “non fosse maturata la convinzione circa la non pericolosità del terremoto e la superfluità di misure di autotutela”, oppure che “le scelte dei defunti fossero da attribuire alla convinzione che gli edifici fossero sicuri”.