Arrivano le condanne per i soggetti, ritenuti vicini al clan Orlando, alla sbarra con l’accusa di spaccio di droga. Furono arrestati nel blitz dell’agosto del 2024, eseguito dalla DDA. L’organizzazione in questione era operativa sul territorio di Marano e zone limitrofe, distribuendo lo stupefacente in diversi comuni campani e retribuendo mensilmente i vari affiliati con le cd. “mesate” per l’attività di spaccio svolta sulle singole piazze.
Il gup di Napoli, Gabriella Logozzo, ha condannato col rito abbreviato Gennaro Carbone ad anni 8 e mesi 3; Pasquale Carbone ad anni 8 e mesi 8; Aurelio Castellano ad anni 7, Sandrino Castellano ad anni 4 e 8 mesi; Luigi Cesaro ad anni 16; Gennaro Corrado ad anni 20; Pasquale Corrado ad anni 4; Mariano D’Ambrosio ad ad anni 13 e 8 mesi; Maurizio Esposito ad anni 8 e 8 mesi; Luca Gargiulo ad anni 8 e 5 mesi; Gaetano Marrandino ad anni ad anni 5 e due mesi; Giovanni Montagna ad anni 7 e 10 mesi; Antonio Pinto ad anni 8 e 5 mesi; Mirko Russo ad anni 8 e 10 mesi; Marco Sarnataro ad anni 4; Michele Tessier ad anni 8 e 2 mesi; Marcello Tipaldi ad anni 17; Diego Vallozzi ad anni 10.
La pubblica accusa era rappresentata dal pm Giuseppe Visone. L’inchiesta fu condotta dai carabinieri di Marano. Le indagini erano partite nel 2019 e l’arresto degli spacciatori, tutti accusati di essere parte di un’organizzazione criminale, era già stato richiesto nel 2021 dalla procura partenopea. L’ordinanza di custodia cautelare, però, non era stata emessa dal giudice per le indagini preliminari dell’epoca né tantomeno – in una fase successiva al ricorso dei magistrati della Dda – dai giudici del Riesame. La procura, tuttavia, non si era data per vinta e, grazie al ricorso in Cassazione, quella vecchia ordinanza era stata ripristinata con un pronunciamento dello scorso 10 luglio. Aveva retto il teorema del vincolo associativo, non quello della finalità e del metodo mafioso prospettato in prima battuta dagli inquirenti. Gli imputati, secondo le ricostruzioni dei carabinieri, sarebbero, seppur indirettamente, collegati alle cosche locali. Dagli Orlando, dai Polverino e dai Nuvoletta si sarebbero riforniti e da loro avrebbero ottenuto il benestare per poter smerciare droga nel territorio, nelle piazze di spaccio, ma soprattutto attraverso il sistema dello spaccio itinerante e a domicilio. L’organizzazione, in particolare, era attiva a Marano e in altri comuni dell’hinterland flegreo, a Quarto e a Calvizzano, ed era in grado di distribuire hashish, cocaina e marijuana anche in diverse aree del Casertano. I pusher sarebbero stati poi regolarmente retribuiti attraverso il sistema delle cosiddette “mesate”. Un vero e proprio “sistema”, quello azzerato ad agosto scorso, che ora rischia quasi due secoli di carcere.
La distribuzione della droga avveniva a Marano a rivenditori all’ingrosso o alle singole piazze di spaccio, gestite per conto del clan Orlando. Inoltra la paranza è riuscita a vendere la droga anche nei comuni di Giugliano, Licola, Varcaturo, Acerra e nella provincia di Caserta.
Al vertice c’erano del gruppo c’erano Vittorio Raiola, Marcello Tipaldi e Pasquale Emanuele Esposito: il primo è ritenuto il capo che supervisionava le piazze di spaccio per conto del clan Orlando, il secondo si è occupato del controllo del territorio e dei pusher, mentre il terzo aveva il compito di mantenere i rapporti con i capipiazza e di raccogliere i soldi destinati alle mesate.

