Emerge uno spaccato poco edificante della cosiddetta famiglia tradizionale dall’ultima indagine della Direzione Distrettuale Antimafia che ha colpito il clan De Bernardo. Infatti dalle carte dei magistrati è stata riscostruita l’attività di spaccio condotta da padre, madre e figli nel Parco del Sole a Somma Vesuviana.
Come spesso accade la droga è stata ordinata telefonicamente con un linguaggio criptico, infatti, gli interlocutori hanno usato espressioni come mazzi di carte e damigiane di vino bianco. Solitamente al telefono hanno risposto Mirra senior e la moglie Rosaria Brandi i quali hanno chiesto ai clienti di raggiungerli nei pressi dell’abitazione familiare.
UNO SPACCIO FAMILIARE
Dal 2017 al 2019 Luigi Mirra, detto ‘o pisciauolo, è stato aiutato nello spaccio dalla moglie poi è stato poi sostituito dal figlio Enrico, quest’ultimo all’epoca dei fatti era minorenne. La svolta familiare è arrivata nel febbraio 2019 dopo l’arresto del capofamiglia e, quindi, gli affari dell’uomo sono stati ereditati dal 16enne. In diverse telefonate intercettate è stato possibile registrare le parole pronunciate dal giovane ai clienti: “E vieni dai…vieni a casa!” e “Eh vieni…vieni compagno mio, vieni a casa!“.
IL CLAN DE BERNARDO E IL CONTROLLO DEL TRAFFICO DI DROGA
Il clan ha esteso il controllo sulle principali piazze di spaccio di Somma Vesuviana, infatti, tutti i pusher erano obbligati a rifornirsi della droga dal gruppo guidato da Roberto De Bernardo. Inoltre le indagini hanno accertato che attraverso la forza prevaricatrice e l’influenza egemonica sul territorio, il clan ha imposto rapidamente l’attività sul territorio vesuviano, gestita dagli altri affiliati per conto di De Bernardo e del ras Daniele Baselice. Invece i pusher indipendenti hanno pagato periodicamente una quota “estorsiva” agli esattori del gruppo.


