Una riserva militare ausiliare dello Stato anche in Italia, con determinate specialità per aumentare il numero delle attuali forze armate di almeno diecimila unità, attraverso un servizio di leva su base volontaria e pronto ad entrare in azione in caso di necessità. Stavolta il ministro della Difesa Guido Crosetto, dopo aver annunciato più volte la sua idea, è pronto a presentare il disegno di legge in Cdm affinché venga poi discusso in Parlamento.
“È uno schema non molto diverso da quello tedesco, perché prevede una volontarietà. Quello tedesco ha un automatismo che scatta, quello francese è totalmente volontario”, spiega Crosetto durante la sua visita a Parigi, per il quale nella bozza del ddl deve essere garantita “la difesa del Paese nei prossimi anni: il documento non parlerà soltanto di numero di militari ma proprio di organizzazione e regole“.
La riserva potrebbe essere composta da non oltre diecimila unità e si tratta di una disposizione già introdotta dalla legge 119 del 2022, che forniva una delega al governo. La riserva – una volta reclutata, formata e periodicamente addestrata – potrebbe essere composta da ex militari o personale con specifiche competenze (sempre su base volontaria), impiegabile in caso di necessità durante eventuali crisi o conflitti, non sul fronte ma nel supporto logistico e nella cooperazione. Non è escluso l’impiego anche in calamità, come già avviene per i militari. Si tratterebbe di professionisti a disposizione del Paese, aggiornati con addestramenti periodici e attivabili in casi specifici: dunque non un servizio obbligatorio, perché la difesa oggi richiede soprattutto esperti.
Questo permetterebbe di colmare il gap lamentato dalle forze armate sulla carenza di personale, oggi poco più di 160mila unità. Già nelle scorse settimane, rivolgendosi ai vertici militari, Crosetto aveva affermato che la legge 244, che fissa il limite a 170mila unità, va “buttata via”, perché “lo spirito con cui è nata è morto” e i numeri vanno aumentati di almeno 30-40mila.
Non solo. Nel documento informale presentato recentemente al Consiglio supremo della Difesa, presieduto dal presidente Sergio Mattarella, il ministro ha indicato la necessità di 10-15mila nuove unità specializzate nelle nuove tecnologie e nell’Intelligenza artificiale per contrastare la guerra ibrida in corso: di queste, cinquemila servirebbero per il settore cyber.
La proposta provoca la reazione delle opposizioni e la più dura è quella dei Cinque Stelle, con il leader Giuseppe Conte che attacca: “Io sono stato purtroppo profeta. Siamo arrivati a quello: mandiamo i nostri giovani in guerra“. Il ministro replica alle critiche: “Penso che il tema debba sollevare riflessioni, è giusto che noi diamo un giudizio sui tempi che viviamo e diamo il nostro modello di difesa a quello che pensiamo sia il futuro”.


