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Truffe ad anziani tra Napoli e Palermo, l’intercettazione: “Un milione di euro in 2 mesi”

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Un’organizzazione strutturata, con ruoli ben definiti, referenti territoriali e un’attenzione quasi ossessiva all’immagine. È questo il quadro che emerge da una lunga conversazione intercettata tra Alessandro D’Errico e Vittorio Cozzolino, avvenuta nella camera 302 dell’hotel Faraone di Cercola, utilizzata come luogo di incontro operativo.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, Vittorio Cozzolino rivestiva il ruolo di referente su Palermo per conto del sodalizio: seguiva i cosiddetti “trasfertisti”, coloro che materialmente concludevano le truffe, tra cui MARCHESE Mirco, e curava il trasporto della refurtiva dalla Sicilia a Napoli, consegnandola direttamente a Alessandro D’Errico.

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Durante il confronto, Alessandro D’Errico sottolineava più volte l’importanza dell’abbigliamento dei complici. Le vittime, spiegava, venivano contattate telefonicamente e convinte che ad arrivare a casa fosse un “delegato del Tribunale”. Da qui l’insistenza sull’uso di giacca, cravatta e abiti coordinati, elementi ritenuti fondamentali per rendere credibile la messinscena ed evitare sospetti.
Secondo D’Errico, presentarsi in modo trasandato avrebbe significato attirare l’attenzione delle forze dell’ordine e compromettere l’intera operazione.

Nel corso della conversazione emerge anche il clima interno al gruppo, segnato da pressioni e minacce. Un complice che si era allontanato durante una truffa viene definito meritevole di una punizione violenta, con riferimenti espliciti alla possibilità di picchiarlo per aver messo a rischio il colpo.

Ma è sul piano economico che il dialogo assume contorni ancora più inquietanti. Alessandro D’Errico spronava Vittorio Cozzolino a organizzare “due macchine”, ovvero due squadre operative contemporanee, promettendogli una percentuale fino al 30% sul valore della refurtiva. Le cifre evocate sono enormi e rivelano le ambizioni del gruppo. In un passaggio particolarmente significativo, Vittorio Cozzolino affermava senza esitazioni: “Se facessimo due mesi di lavoro e guadagneremmo un milione di euro”, lasciando intendere la portata degli affari e la sistematicità delle truffe.

Terminato l’incontro, gli spostamenti di Alessandro D’Errico sono stati ricostruiti grazie al GPS dell’autovettura e all’analisi delle celle telefoniche. Dall’hotel Faraone, l’uomo si è diretto verso Napoli, zona Piazzetta Orefici, dove ha incontrato Fabio D’Anna all’interno di un laboratorio orafo. Le immagini di videosorveglianza lo immortalano mentre arriva a piedi con una pochette nera, possibile contenitore di preziosi, entrando nel palazzo insieme al destinatario.

Un passaggio che, per gli inquirenti, rafforza l’ipotesi di una filiera criminale completa, dalla truffa alla gestione e alla monetizzazione della refurtiva, con una regia attenta ai dettagli, all’immagine e ai profitti milionari

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