Giuseppe Perna fu ucciso per uno sgarro interno al suo clan, i Pesce-Marfella. Ben prima delle rivelazioni di Raffaele Dello Iacolo, autoaccusatori di quel delitto, per ‘raccontare’ quell’omicidio sono arrivate le dichiarazioni dell’ex boss del gruppo, quel Pasquale Pesce ‘bianchina’ che con la sua scelta di passare dalla parte dello Stato ha scompaginato assetti e equilibri della mala di Pianura. Il delitto Perna fu una delle prime rivelazioni dell’ex capo della cosca: ‘Bianchina’ fece capire ai magistrati che a volere quella morte fu uno dei suoi colonnelli, Vincenzo Foglia.
«Quando ero detenuto ho appreso della morte di Giuseppe Perna. Ero preoccupato di sapere chi lo avesse ucciso. Tramite i colloqui in carcere che Vincenzo Foglia aveva con il figlio Giuseppe, mentre io avevo il colloqui con la mia convivente Rita Pepe, sapemmo che sul luogo del delitto, fuori al biliardo, erano presenti Vincenzo Foglia, Salvatore Schiano, Carmine Perna e Giuseppe Perna, il quale per ultimo si allontanò per ritirare dei panini al pub di un certo Ernesto. Sapemmo anche che i killer entrarono dall’uscita di sicurezza e Perna, pur accorgendosene, non ebbe il tempo di reagire. Durante uno di questi colloqui feci segno a Vincenzo Foglia, portandomi una mano al petto per intendere se fosse stato un omicidio “interno” e questi mi rispose con lo stesso gesto, dicendo con il labiale che era tutto a posto, facendomi così capire che era stata una cosa interna al clan. Ritengo che sia stata un’iniziativa di Vincenzo Foglia, in quanto in quel momento, essendo i capi tutti detenuti, era lui a gestire gli affari del clan Pesce-Marfella». Le dichiarazioni di Dello Iacolo e le successive attività di indagine della squadra mobile hanno hanno consentito di accertare che Foglia, in qualità di reggente, in assenza dei capi detenuti decretava l’omicidio di Perna poiché sospettato, benchè appartenente al medesimo sodalizio camorristico, di essersi reso responsabile di ammanchi dalle casse del clan.