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La tenuta degli orrori simbolo del potere del boss

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A Marano «la Masseria» è una, anche se ne ce sono decine. La Masseria di Marano è quella di Vallesana, quella dei Nuvoletta, quella che oggi torna all’attenzione della cronaca per l’improvvisa svolta impressa dalla Dda di Napoli all’inchiesta sulla morte di Vittorio Vastarella, di suo figlio Luigi e di tre guardaspalle, strangolati e sciolti nell’acido proprio a Vallesana, su ordine di Totò Riina, da Giovanni Brusca. Per decenni, la Masseria è stata un luogo simbolo. Come la sfarzosa villa californiana di Al Pacino in Scarface, come la vasca a forma di conchiglia dei Giuliano di Forcella, come la palazzina a tre piani con piscina coperta di Sandokan a Casal di Principe. La tenuta dei Nuvoletta, sul poggio di Vallesana, è più di una roccaforte. Un punto di riferimento. Una torre di guardia. Un vessillo. Oggi, la sterminata fattoria che si allunga al confine con Napoli, dal cimitero di Marano fino alle cave di tufo del parco delle colline, non fa più la paura di una volta. Ma fino a pochi anni fa anche solo avvicinarsi per fare qualche foto poteva costare caro. Un giovane giapponese, nel 1998, ebbe l’idea di inoltrarsi nella zona. Studiava criminologia all’Università di Tokio e stava preparando una tesi sui Nuvoletta. Nemmeno il tempo di scattare qualche foto che fu intercettato da tre guardaspalle che gli ruppero due braccia e una gamba, mandandolo all’ospedale. I tempi sono cambiati. Il clan Nuvoletta non è più quello di una volta. Il boss Lorenzo è morto, per tumore, dopo aver trascorso alcuni anni in carcere. Il fratello Angelo è stato arrestato a due passi dal municipio di Marano, tre anni fa. La masseria di Vallesana è nelle disponibilità della famiglia: la vedova di don Lorenzo e i suoi figli. Non è mai stata sottratta dall’autorità giudiziaria al patrimonio del clan. Resta lì, sul poggio, a guardare Marano da un lato, e Napoli dall’altro, e ad alimentare il mito di sé stessa. Si raccontano decine di episodi sulla tenuta. Chi c’è stato riferisce di spazi immensi e ben curati: terreni, frutteti, allevamenti di cavalli. Diversi caseggiati, strade interne asfaltate e illuminate. E non mancano, come in tutti i miti, i dettagli da leggenda, che non hanno mai trovato conferma ma che nessuno smentisce. C’è chi racconta che al centro della masseria, nei tempi d’oro, ci fosse una vera sorgente d’acqua e chi invece narra di un binario e di un piccolo treno che consentiva di viaggiare nei frutteti, tra le viti. Qualcuno si spinge oltre e parla di cunicoli sotterranei, scavati nel tufo, e collegati alla zona di San Castrese, per agevolare la fuga di latitanti in caso di controlli improvvisi. Accanto alla leggenda, poi, ci sono i fatti. Il summit del 1979: intorno a un tavolo nella masseria centrale don Lorenzo e don Angelo Nuvoletta con i capicamorra del napoletano, in primis Bardellino e Alfieri. E in un altro casolare, lì accanto, i mafiosi Badalamenti e Riina. All’ordine del giorno c’era la necessità di formare un cartello per bloccare l’ascesa di Raffaele Cutolo. Don Lorenzo Nuvoletta faceva la spola tra un edificio e l’altro, tessendo una tela strategica. Nacque qui, così, la Nuova Famiglia, che sterminò poi, in una guerra sanguinosa, la Nuova Camorra Organizzata. Sempre nella Masseria, qualche anno dopo, rotto il patto, esplose lo scontro tra Bardellino e Nuvoletta. I primi varcarono il cancello della tenuta e cominciarono a fare fuoco: volevano uccidere tutti i Nuvoletta, ne colpirono a morte solo uno, Ciro. Ma nel raid morì anche un ragazzo di sedici anni che passava di lì, Salvatore Squillace, a cui oggi è intitolata una strada nei dintorni. «Venni a sapere da Alfieri e dallo stesso Nuvoletta – ricordava il pentito Pasquale Galasso in un’audizione alla commissione antimafia – che non c’erano problemi a fare riunioni a Vallesana, neanche per quanto riguardava le forze dell’ordine. Nuvoletta ci ha sempre tranquillizzati e talvolta io e Alfieri abbiamo visto, scendendo da Vallesana, qualche auto dei carabinieri appena fuori dell’abitazione. Quella per noi era la dimostrazione che Nuvoletta era ben protetto». Un vero e proprio simbolo di potere, quindi, quella tenuta, la stessa dove nell’inverno del 1991, i carabinieri fecero irruzione, arrestando Lorenzo Nuvoletta. Era latitante da dieci anni ma sedeva al tavolo della sala da pranzo. Nella Masseria.


ANTONIO MENNA – IL MATTINO 21 NOVEMBRE 2007

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