PUBBLICITÀ
HomeRassegna StampaDal latte al caffè, dalla mozzarella al pesce dal Brasile:i ecco il...

Dal latte al caffè, dalla mozzarella al pesce dal Brasile:i ecco il menù del clan

PUBBLICITÀ

Latte, zucchero, caffè, confetture di frutta. E poi il pranzo e la cena, a base di mozzarella e di verdure. Andando a ritroso nel tempo, il menu si fa più ricco: c’è anche pesce surgelato, in abbondanza, che arrivava dal Brasile assieme a consistenti partite di cocaina. Con la stessa tecnica della tracciabilità imposta ai generi alimentari in vendita nei nostri mercati, è possibile ricostruire una sorta di mappa – che assomiglia molto di più a una lista della spesa – dei clan che operano nel settore agro-alimentare e che hanno imposto alla piccola e grande distribuzione i propri marchi di fabbrica. In qualche caso, anche il punto vendita affidato a brand nazionali.



Il caffè rappresenta il business più diffuso e redditizio, soprattutto ora che è accompagnato da altri prodotti da bar, come le creme al gusto di nocciola o di ginseng. Vale in provincia di Napoli, soprattutto nei territori controllati dai Polverino o dai Fabbrocino. Vale nel casertano, area influenzata dai Casalesi e dove, appena due giorni fa, la Dda ha arrestato gli autori di un giro di estorsioni fondato, appunto, sulla distribuzione del caffè. Come dire di no ai rappresentanti di Peppe Setola, il capo stragista, che fino a un anno fa uccideva a ogni accenno di dissenso? Ma in realtà Setola non aveva inventato niente.



Il caffè era già stato un affare del clan: di pessima qualità (”una zoza”, commentavano tra di loro) ma imposto con la forza, prendere o morire. Tecnica adottata anche nella vicina Marcianise, dove la rete di rappresentanza è contesa dagli affiliati ai due clan eternamente in lotta, i Belforte e i Piccolo.
Ma se la vendita dei coloniali serve a soddisfare le necessità della rete di piccoli affiliati, assicurando uno stipendio sicuro, ecco che il business diventa più interessante e redditizio quando si tratta di prodotti che beneficiano anche di contributo comunitari o che è possibile acquistare all’estero eludendo le norme sull’Iva. Le inchieste giudiziarie che, negli anni, hanno riguardato la famiglia Passarelli, riguardano la commercializzazione dello zucchero, prima con il marchio Ipam, oggi con quello Kerò: la ditta è stata sequestrata di recente dalla Procura antimafia e dai carabinieri.



Il latte, vaccino o di bufala, viaggia di pari passo. La Parmalat di Tanzi, per esempio, aveva sfruttato la ramificata e inespugnabile rete di vendita che faceva capo alla famiglia Capaldo. Cioè, a Zagaria, uno dei quattro capi del cartello casalese, e ai fedelissimi alleati della famiglia Moccia. Il commercio del latte di bufala, soprattutto quello importato dalla Romania, è saldamente nelle mani del clan Schiavone o di suoi prestanome. La mozzarella, quella che proviene dalla filiera non controllata dal disciplinare della Dop, è sempre più spesso confezionata con pasta semilavorata e congelata in caseifici riconducibili allo stesso clan. Sempre controllata dalla camorra è risultata, negli anni passati, la vendita delle quote latte assegnate a produttori campani che le hanno poi cedute ai colleghi del nord. Normale compravendita? Non proprio, perché in molti casi le quote sono risultate assegnate ad allevamenti fantasma.


Rosaria Capacchione

Il Mattino il 23/09/2010

PUBBLICITÀ