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«CRONACA DI UN GIANO BIFRONTE»
La stampa a nord di Napoli

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Spunti per un dibattito a più voci di Marcello Curzio (giornalista professionista)


L’area metropolitana a nord di Napoli (ed, in particolare, il comprensorio giuglianese) si è sempre caratterizzata per una discreta vivacità in campo editoriale, segno di un certo protagonismo e di un interesse autentico anche se a ciò non sono sempre corrisposti risultati operativi e professionali di rilievo. Al boom di testate periodiche degli anni 80, ha fatto eco, nello stesso decennio, l’analoga esplosione di emittenti radiofoniche e televisive. Gli anni ’90 sono stati invece caratterizzati da un sensibile calo, anche se non di tipo qualitativo, di radio e televisioni, e dall’affacciarsi di iniziative di medie proporzioni in campo nuovamente cartaceo, con lo svilupparsi di piccoli giornali locali e di settimanali di un certo interesse.Da appena qualche anno, ecco l’affacciarsi dell’era internet, con i primi tentativi di giornali locali on-line d’Italia.Piccoli editori hanno cominciato a ritagliarsi un certo spazio, occupando nicchie di mercato anche interessanti. Giornalisti in erba, entrati nelle redazioni locali coi calzoni corti, ora dirigono egregiamente diverse testate locali ed altri, pur dovendo emigrare, sono oggi firme più che apprezzate. C’è dunque tutto un mondo in continua evoluzione, a volte anche in subbuglio, e per questo va raccontato.
C’è, comunque, anche il risvolto della medaglia.Troppa acqua sporca è passata, anche in questa zona, sotto i ponti del mestiere di giornalista, compromettendo, con la qualità del prodotto, la stabilità delle vecchie e robuste arcate. Ai nostri giorni, tanta gente si impiastra le mani con la marmellata della comunicazione. I monopoli e gli oligopoli del potere economico e politico locale, sorretti dalla forza tecnologica dell’autarchia informatica, soffocano, manipolano e virtualizzano la realtà dei fatti. Politici rampanti, sindaci piacioni e buzzurri, potentati economici di periferia, e persino bottegai arrivisti, fanno a gare nel propagare, meglio propagandare, un’informazione se non falsa sicuramente tendenziosa. E i giornalisti? Per loro i tempi sono profondamente cambiati rispetto a quelli che altre generazioni hanno vissuto con meno disponibilità tecnologiche, ma con maggiore intraprendenza e spirito di iniziativa. Molti valorosi colleghi sono costretti ad arrampicarsi sugli specchi del gran vociare, e a spremere fino in fondo le risorse della propria esperienza e della propria professionalità per strappare mezze-notizie e brandelli di verità, per raccogliere e interpretare il raccoglibile dai tam-tam delle conferenze-stampa e dalla ridda di dichiarazioni e contro dichiarazioni, smentite e contro smentite. La maggioranza degli operatori dell’informazione è costretta ad appendere la penna e il computer laddove vuole il padrone e, quindi volenti o nolenti, subiscono il ricatto della deregulation professionale e occupazionale, e debbono prestarsi al gioco anche a costo di fare la figura dell’utile idiota. Se, poi, qualche grillo parlante alza la testa, stai certo che ambisce a conquistarsi i galloni dall’altra parte della barricata, nel campo del potere.
Il giornalismo di prima linea conserva ancora il volto dell’antico fascino, tuttavia ha perso molte delle penne del pavone di una volta. Mentre le inchieste sui veleni tossici, sugli abusi edilizi o sulle truffe dei maghi sono lasciate ai fenomeni ibridi dello spettacolo, alle Iene, ai Gabibbo e ai comici di turno di “Striscia la notizia”.
I poteri economici, finanziari e politici hanno le responsabilità maggiori non solo nei rapporti in presa diretta con l’opinione pubblica, ma anche nel regolare i tasti della regìa della comunicazione istituzionale che, esercitando una delicata funzione pubblica, dovrebbe rispettare i sacrosanti principi della neutralità, dell’imparzialità e della trasparenza. A volte, invece, le fonti scambiano la prudenza e la cautela con la reticenza, con la riluttanza e con l’abuso dei segreti: cioè, si nascondono le notizie che, quando vengono comunque a galla, provocano maggiore devastazioni. Altre volte, la ricerca dei consenso ad ogni costo, la cultura dell’immagine, e i riti del prestigio provocano l’enfatizzazione degli eventi, un tempo terreno esclusivo dei cronisti nel bene e nel male: cioè, si montano le notizie per ottenere più larga eco nei mass-media a dispetto della verità e persino della decenza. Nell’uno e nell’altro caso, si rende un cattivo servizio ai cittadini e si mette a dura prova il senso di responsabilità, l’autonomia di giudizio del giornalista. Viceversa, la tendenza in atto, le gare tra i politici a conquistarsi i primi piani delle cronache, portano a scimmiottare il peggio o il meglio (a seconda dei punti di vista) del linguaggio e dello stile di immediatezza del giornalismo e, soprattutto, della pubblicità. Si assiste ad un abnorme ricorso a slogan, a luoghi comuni alla Grande Fratello, a metafore sportive di bassa lega. Prevale un uso cinico e strumentale della moderna potenza della comunicazione ad evidenti scopi di persuasione occulta. Ormai, in ogni settore della vita pubblica, alle ambizioni di emergere e del far parlare di sé si sacrificano le ragioni della verità e della correttezza dell’informazione, si mistificano le logiche dei fatti con i mondi immaginifici dell’effimero e del virtuale. Come se guasti e guai non bastassero a tirare la corda, querele facili e cause milionarie per risarcimento danni invadono le redazioni come armi di ricatto e di intimidazione.
I pericoli sempre più consistenti della contraffazione delle notizie si coniugano con le vecchie suggestioni antitrasparenza a imporre, ovunque sia possibile, il segreto di Stato, il segreto delle indagini, il segreto d’ufficio (quasi sempre segreti di Pulcinella anacronistici e arbitrari), nonostante aperte contestazioni siano state fatte da autorevoli personalità e nonostante la caduta di tanti feticci .
Chi mai potrà controllare i controllori? E’ possibile inchiodare i poteri pubblici e privati, e le loro fonti d’informazione, ai loro doveri e al rispetto della verità e delle elementari regole dell’informazione? Solo solo alcune delle tante, tantissime domande in attesa di risposta.Fra il dire e il fare non solo c’è di mezzo il mare, ma, soprattutto, la volontà politica di rispettare il gioco democratico della libera informazione e della critica.

MARCELLO CURZIO
Giornalista Professionista

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