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lunedì, Luglio 1, 2024
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CONSIGLIO SCIOLTO, PISANU DEPOSITA LE MOTIVAZIONI
Bertini: «UNa relazione scandalosa»

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MARANO. “La parte più offensiva ed umiliante dell’intera relazione e che racchiude in fondo il senso di una sentenza di matrice politica è quella che descrive una città che ha la sola colpa di essere amministrata da undici anni da un comunista”. Così, Mauro Bertini commenta la relazione del ministro Pisanu che ha portato allo scioglimento degli organi elettivi del Comune di Marano di Napoli per “accertate ingerenze della criminalità organizzata”. L’ha letta e riletta, quella relazione, quasi incredulo per l’assurdità dell’impianto, persino fin troppo facile da smantellare nelle sedi giudiziarie cui si rivolgeranno gli ex amministratori comunali. La parte insopportabile cui fa però riferimento l’ex primo cittadino è quella in cui il ministro scrive che «la situazione riscontrata nel comune di Marano di Napoli, l’inosservanza del principio di legalità nella gestione dell’ente e l’uso distorto delle pubbliche funzioni, utilizzate per il perseguimento di fini contrari al pubblico interesse, hanno minato ogni principio di salvaguardia della sicurezza pubblica ed hanno compromesso le legittime aspettative della popolazione ad essere garantita nella fruizione dei diritti fondamentali, ingenerando sfiducia nella legge e nelle istituzioni da parte dei cittadini» .

“Sentirsi dire che i cittadini hanno sfiducia nella legge per colpa nostra è una vera e propria provocazione – dice Bertini -. Ci abbiamo messo undici anni per trasformare Marano da patria di Nuvoletta a città del festival nazionale per ragazzi sulla pubblicità sociale, a città del Giardino della Memoria dedicato alle vittime di mafia, a città della marcia per la legalità nell’anniversario della strage di Capaci, a città della prima biblioteca per ragazzi della Campania, a città che requisisce le case alla camorra e che le trasforma in alloggi popolari, a città che investe il massimo nell’assistenza sociale e nelle opere pubbliche per dotarsi di impianti sportivi e di aggregazione. Insomma, amministrare da comunisti, per il ministro, è una colpa che ingenera sfiducia nelle istituzioni. Lo venga a dire alla nostra gente, venga a vedere quali sono le istituzioni che ingenerano sfiducia”.

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Ma la notifica della relazione eleva ancor di più la mobilitazione degli ex amministratori di Marano: “Da domani, lunedì 2 agosto – annuncia Bertini – il volantinaggio nel piazzale municipale si arricchisce della possibilità di visionare il testo della relazione con le spiegazioni, punto per punto, di tutte le falsità che vengono riportate in quel documento”.

E proprio la diffusione del documento e delle incredibili motivazioni dello scioglimento, hanno fatto scattare, già da sabato sera, una nuova forte offensiva di mobilitazione: una diffida che sarà inviata via fax al ministro Pisanu (e per conoscenza al presidente della Repubblica) affinché “revochi immediatamente il provvedimento di scioglimento del Consiglio Comunale di Marano ripristinando nella pienezza delle sue funzioni l’Amministrazione Comunale, libera espressione della sovrana volontà popolare”. Le sottoscrizioni sono già centinaia. Il testo integrale della diffida è recuperabile attraverso il menù in home page del sito www.maurobertini.com dove troverete anche il testo integrale del comunicato del “Consiglio comunale di lotta” intitolato «La montagna partorì un topolino e questo fece molto male alla città».

Infine, operatori commerciali, esponenti del mondo produttivo e semplici cittadini, proprio alla luce della inconsistenza delle motivazioni che hanno portato al gravissimo atto dello scioglimento, stanno preparando una azione legale per richiedere il risarcimento dei danni morali e materiali derivanti dalla infamante accusa di essere una “città di camorra”.




WWW.MAUROBERTINI.COM





ECCO LA RELAZIONE DEL MINISTRO DELL’INTERNO

AL SIG. PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA




Il Comune di Marano di Napoli (Napoli), i cui organi elettivi sono stati rinnovati nelle consultazioni amministrative del 13 maggio 2001, presenta forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata che compromettono la libera determinazione e l’imparzialità degli organi elettivi, il buon andamento dell’amministrazione ed il funzionamento dei servizi, con grave pregiudizio per lo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica.

In relazione all’esito dell’attività di monitoraggio condotta nel territorio, dal quale sono emerse situazioni che lasciavano supporre un possibile condizionamento, da parte della criminalità organizzata, dell’amministrazione comunale di Marano di Napoli, già sciolta per infiltrazioni mafiose con D.P.R. 30 settembre 1991, il prefetto di Napoli ha disposto con provvedimento in data 8 aprile 2003, l’accesso agli uffici, ai sensi dell’art. 1, 4° comma, del decreto legge 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 ottobre 1982, n. 726, e successive modificazioni e integrazioni.

Complesse indagini investigative, sfociate poi nel provvedimento di applicazione di misure cautelari nei confronti di noti esponenti mafiosi, adottato dall’Autorità giudiziaria in data 8 ottobre 2003, hanno evidenziato l’estrema pericolosità del clan camorristico che opera nel territorio; l’organicità dello stesso con i locali ambienti economico – politico – amministrativi o, comunque, un forte interesse della criminalità locale al “governo” dell’ente, concretizzatosi, peraltro, in base ai riscontri giudiziari effettuati, anche in un tentativo di condizionamento dello svolgimento delle consultazioni elettorali.

Gli accertamenti svolti dalla commissione d’accesso, confluiti nella relazione commissariale conclusiva della procedura, cui si rinvia integralmente, avvalorano l’ipotesi della sussistenza di fattori di inquinamento dell’azione amministrativa dell’ente, segnatamente nei settori dell’edilizia e dell’urbanistica, del commercio e degli appalti, ad opera di fattori esterni al quadro degli interessi locali, riconducibili al sodalizio criminale egemone, fortemente radicato sul territorio.

L’ingerenza negli affari dell’ente o la strumentalizzazione delle scelte amministrative è stata resa possibile dai rapporti di parentela e di amicizie che legano alcuni amministratori comunali e taluni elementi dell’apparato burocratico con esponenti della criminalità organizzata o con soggetti sospettati di gravitare in ambienti mafiosi. Emblematica al riguardo è la nomina di un componente della commissione edilizia imparentato con un soggetto ritenuto affiliato alla cosca locale.

Segnali di una deviata funzionalità amministrativa palesemente diretta ad avvantaggiare soggetti legati alla criminalità organizzata, si rinvengono nell’inerzia dell’amministrazione comunale nell’espletare i dovuti controlli sul rispetto della normativa in materia di occupazione di suolo pubblico. Diversi esercizi commerciali, alcuni dei quali gestiti di fatto da soggetti contigui al sodalizio criminale egemone, hanno infatti occupato abusivamente per molto tempo il suolo pubblico, senza che l’infrazione venisse rilevata dai competenti organi di controllo, tanto che solo su impulso delle forze dell’ordine sono stati avviati e definiti gli interventi di rigore.

Un atteggiamento altrettanto accondiscendente ha condotto, altresì, l’amministrazione a rilasciare in favore del titolare di uno dei predetti esercizi commerciali, gestito di fatto da un affiliato al clan locale, il “nulla osta” per l’occupazione di suolo pubblico con strutture, che, modificando sostanzialmente lo stato dei luoghi, avrebbero invece necessitato, in base alla normativa vigente, di rilascio di apposita concessione edilizia.

Anche nel settore del commercio su aree pubbliche l’organo ispettivo ha evidenziato come l’amministrazione abbia disatteso palesemente la normativa di settore, finendo per favorire o comunque non contrastare la posizione privilegiata degli attuali assegnatari dei posteggi ubicati nel mercato all’ingrosso per i prodotti ortofrutticoli, alcuni dei quali vicini ai sodalizi criminali locali. Sono state infatti riscontrate la mancata riscossione del canone per l’uso dei posteggi e gravi negligenze nella tenuta della relativa documentazione, in cui mancano gli atti attestanti il possesso dei requisiti per l’ammissione alle vendite da parte dei conduttori degli stand, tra cui figurano soggetti contigui all’ambiente malavitoso.

L’amministrazione locale ha inoltre omesso di esercitare l’attività di controllo sull’attività urbanistico-edilizia cui è istituzionalmente preposta, comprovata dal consistente e crescente fenomeno dell’abusivismo edilizio nel territorio comunale.

È infatti emblematico che nella zona cimiteriale del territorio comunale, ove vige il divieto assoluto di edificabilità, siano stati costruiti diversi fabbricati, anche di notevole consistenza volumetrica, e che fra i beneficiari della lottizzazione abusiva e gli intestatari di particelle catastali ricomprese nella zona figurano anche un affiliato al potente clan locale, destinatario della citata ordinanza cautelare dell’8 ottobre 2003, per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., e altri personaggi ritenuti vicini alle consorterie locali. La radicale trasformazione urbanistica della zona costituisce, fra l’altro, un fatto notorio che è stato anche oggetto di numerosi esposti e segnalazioni. L’amministrazione anziché attivare le procedure per la demolizione degli abusi edilizi compiuti nella zona, ha provveduto a rilasciare, per alcuni fabbricati, la concessione edilizia in sanatoria. Per altri abusi, non ha invece portato a compimento la procedura finalizzata alla demolizione delle opere, cui era tenuta in base a precise disposizioni di legge, omettendo di dare seguito alle preliminari fasi di ingiunzione di sospensione o di demolizione dei lavori.

L’attività ispettiva ha evidenziato ricorrenti irregolarità amministrative anche nel settore degli appalti di lavori pubblici, notoriamente appetiti dalla criminalità organizzata.

Importanti lavori sono infatti stati affidati ad una ditta priva della certificazione attestante il possesso dei requisiti speciali di qualificazione e in altre circostanze la giunta ha deliberato una variante dell’appalto originario, in assenza delle rigorose condizioni prescritte dalla legge. In quegli stessi casi è stato rilevato che le ditte erano state oggetto di informative interdittive antimafia o presentavano nell’assetto societario o amministrativo alcuni soggetti vicini all’ambiente malavitoso.

Nelle procedure di affidamento diretto di lavori sono state altresì ravvisate palesi violazioni della normativa di settore. Fra le illegittimità più gravi, emergono l’assenza delle perizie giustificative dei relativi interventi e il mancato preventivo accertamento, anche con espletamento di una gara informale e abbreviata fra un adeguato numero di ditte, del possesso dei requisiti generali e tecnico-organizzativi da parte della ditta prescelta. Un consigliere di amministrazione di una società affidataria di lavori di somma urgenza è risultato peraltro iscritto nel registro delle notizie di reato per associazione di tipo mafioso.

L’esame degli atti relativi agli appalti di pubblici servizi ha evidenziato, in via generale, una scarsa partecipazione alle gare e l’aggiudicazione dei servizi spesso alle stesse aziende, nonché il ricorso sistematico alla proroga dell’appalto principale, in violazione dei principi di trasparenza, imparzialità e concorrenza oltre che di efficienza, efficacia ed economicità.

L’amministrazione ha infatti disposto nuovamente la proroga del rapporto contrattuale tra il comune e le ditte aggiudicatarie dei servizi di nettezza urbana e di refezione scolastica, espletati già da molti anni, in modo continuativo, da quelle stesse ditte in virtù del medesimo sistema di affidamento, senza aver previamente espletato apposita istruttoria per la verifica della persistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti originariamente all’atto della partecipazione alla gara e della sussistenza delle ragioni di convenienza economica e di pubblico interesse che ne giustificassero l’adozione. Il ricorso sistematico all’istituto della proroga, utilizzabile solo in casi eccezionali ed entro precisi limiti temporali e procedurali, sembra principalmente mirato ad eludere la procedura concorsuale ad evidenza pubblica di scelta del contraente e non consente di assicurare un adeguato espletamento del servizio, come comprovano i numerosi esposti di denuncia di gravi disservizi nella raccolta dei rifiuti solidi urbani.

L’attività di accesso ha infine posto in luce un clima di grave disfunzione dell’amministrazione nei settori economico-finanziario e nella gestione del personale. In tale settore, in particolare, l’amministrazione ha fatto continuo ricorso all’assunzione di personale e di conferimento di incarichi dirigenziali con contratti di natura privatistica privi della necessaria copertura finanziaria e dei pareri dei responsabili dei servizi competenti, in elusione della procedura concorsuale prevista per la copertura dei posti vacanti in organico e dell’obbligo di programmazione occupazionale periodica imposto dalla legge.

Le suindicate condizioni, la presenza delle organizzazioni malavitose interessate alla gestione della cosa pubblica, che hanno contribuito a determinare il clima di tensione già delineato, le irregolarità e le ripetute violazioni dei principi del buon andamento ed imparzialità dell’ente, rappresentano in un quadro indiziante organico di indebite interferenze della criminalità organizzata sulle scelte operate dall’amministrazione, che ha di fatto privilegiato interessi estranei al perseguimento delle finalità pubbliche.

La situazione riscontrata nel comune di Marano di Napoli, l’inosservanza del principio di legalità nella gestione dell’ente e l’uso distorto delle pubbliche funzioni, utilizzate per il perseguimento di fini contrari al pubblico interesse, hanno minato ogni principio di salvaguardia della sicurezza pubblica ed hanno compromesso le legittime aspettative della popolazione ad essere garantita nella fruizione dei diritti fondamentali, ingenerando sfiducia nella legge e nelle istituzioni da parte dei cittadini.

Il prefetto di Napoli, pertanto, con relazione del 15 aprile 2004, che qui si intende integralmente richiamata, ha proposto l’applicazione della misura di rigore prevista dall’art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Anche il Comitato per l’ordine e la sicurezza, all’uopo convocato, ha espresso parere favorevole in tal senso.

La descritta condizione di assoggettamento necessita che da parte dello Stato sia posto in essere un intervento mirato al ripristino della legalità mediante il recupero della struttura pubblica al servizio dei suoi fini istituzionali.

Per le suesposte considerazioni si ritiene necessario provvedere con urgenza ad eliminare ogni ulteriore motivo di deterioramento e di inquinamento della vita amministrativa e democratica dell’ente, mediante provvedimenti incisivi a salvaguardia degli interessi della comunità locale.

La valutazione della situazione in concreto riscontrata, in relazione alla presenza ed all’estensione dell’influenza criminale, rende necessario che la durata della gestione commissariale sia determinata in diciotto mesi.

Ritenuto, per quanto esposto, che ricorrano le condizioni indicate nell’art. 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che legittimano lo scioglimento del consiglio comunale di Marano di Napoli (Napoli), si formula rituale proposta per l’adozione della misura di rigore.





Roma, 22 luglio 2004




IL MINISTRO

(Giuseppe Pisanu)

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