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PERIFERIA NAPOLETANA, DOVE LO STATO NON E’ SOVRANO
Il Terzo Mondo e la faida di camorra. L’intervento

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NAPOLI. L’uomo in una società di simili ha una sola esigenza primaria, la protezione. La sicurezza e gli strumenti per garantirla sono alla base di tutta la filosofia politica e di ogni fondamento statuale da Hobbes in avanti. Il filosofo inglese fu il primo a sottolineare la tremenda caducità della vita umana senza una garanzia di sicurezza, di protezione, appunto.
Nel corso della storia il concetto hobbesiano è maturato e la categoria”sicurezza” ha allargato i suoi significati: essere protetti significa, oggi, anche essere garantiti, non solo contro il potere ma contro tutto ciò che ci rende insicuri. Un sociologo contemporaneo, Castel, con grande intuizione proporziona il desiderio di sicurezza proprio rispetto al benessere acquisito da una società. Essere sicuri significa tante cose: avere la possibilità di un’ istruzione adeguata, poter ricorrere a cure mediche in qualsiasi momento, riuscire ad ottenere in un tempo più o meno ragionevole un lavoro remunerato tanto da poter sopravvivere dignitosamente, e perché no, negli ultimi decenni, avere libero accesso alle vie di comunicazione reali e virtuali. Potremmo dunque sintetizzare dicendo: l’individuo contemporaneo necessita per sopravvivere di una struttura statale che moduli i sentimenti di insicurezza dei cittadini in garanzie offerte alla collettività. Prima fra tutte quella di non dover temere i propri simili.
Nel nostro hinterland i bisogni di sicurezza contemporanei non sono garantiti. Non è garantita a tutti una scuola efficiente, non è assicurata una sanità degna di questo nome, abbiamo i tassi di disoccupazione più alti d’Europa ma soprattutto non ci sentiamo protetti da nessuno.
Viviamo le insicurezze del mondo occidentale ma non riceviamo in cambio le garanzie di questa parte del globo.
Il desiderio di protezione però è così forte ed innato nella natura umana che non può che non essere soddisfatto. Mi spiego. Voi pensate che le centinaia di controlli oggi presenti in un aeroporto americano possano realmente prevenire un attacco “terroristico”? E’ scientificamente provato il contrario. La funzione dei controlli è fondamentale nella sua dimensione psicologica. L’americano medio in questo modo si sente sicuro, è questo ciò che importa di più.
Allo stesso modo le organizzazioni cammorristiche presenti nel nostro territorio non garantiscono un bel nulla a nessuno ma danno l’impressione di farlo.
I cittadini di alcune zone della periferia di Napoli si sono creati da soli il loro sistema di sicurezza. Un rete fittizia che virtualmente li protegge dalle insidie quotidiane dei nostri territori: solo la Appartenenza ad un clan camorristico riesce a garantire la sopravvivenza o almeno si dimostra in grado di farlo.
Ecco perché non dobbiamo meravigliarci se le donne del “Terzo Mondo” di Secondigliano aggrediscono i poliziotti: nella loro percezione della realtà l’arresto dei “capi” porterà ad una falla, ad un vuoto nel sistema, la rete si frantumerà. La venuta della forza pubblica è nella loro concezione della vita foriera di insicurezza. Non possiamo meravigliarci per questo. E’ assurdo, ma la debolezza di un clan nelle nostre zone significa nuove guerre e perciò maggiore insicurezza. Tutta la faida tra i Di lauro e gli Scissioniste ha vita perché non c’è più chi garantisce protezione.
Questa nostra grande Nazione non può ricordarsi di Scampia solo quando i morti ammazzati sono oramai venti. Il rispetto per le Istituzioni è un qualcosa che si costruisce giorno dopo giorno con l’impegno di tutta la classe dirigente.
Non possiamo giustificare comportamenti antistatali ma, noi che viviamo ai margini delle “dei quartieri canaglia”, abbiamo l’obbligo morale di capirli. Lo Stato a Napoli Nord deve rimboccarsi le maniche per essere un domani percepito non come fonte di autorità e repressione ma come garante della sovranità delle nostre leggi. Lo Stato non invade ma costruisce giorno dopo giorno un sistema di sicurezze tale da impedire la formazione di organizzazioni parallele, violente e pericolose.


GIOVANNI F. RUSSO

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